Negli ultimi anni le tutele per la genitorialità hanno esteso il proprio raggio anche oltre il lavoro dipendente. Oggi, chi lavora come lavoratore autonomo o con un contratto di collaborazione continuativa può accedere a indennità economiche in caso di gravidanza, parto, adozione o affidamento.
Nonostante ciò l’ INPS ha preso atto che il più delle volte i destinatari di queste tutele non sempre sono a conoscenza dell’estensione di queste tutele. Per questo l’ Istituto ha offerto un quadro riepilogativo aggiornato delle prestazioni pubblicato sul proprio portale istituzionale.
L’Istituto spiega che anche i lavoratori autonomi e i collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione separata hanno diritto a un sostegno economico durante la gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino, anche in caso di adozione o affidamento di un minore.
I requisiti per poter ricevere l’indennità di maternità o paternità sono:
- essere iscritto alla Gestione Separata INPS;
- non essere in pensione;
- non avere già un’altra assicurazione obbligatoria per la maternità (per esempio, se si ha anche un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, che ha la priorità);
- avere versato almeno un mese di contributi alla Gestione separata nei 12 mesi prima del periodo di maternità/paternità.
Per i co.co.co. l’indennità spetta anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente, in base al principio dell’automaticità delle prestazioni, mentre i liberi professionisti sono responsabili dei propri versamenti contributivi.
In generale, il periodo di maternità copre 5 mesi: 2 prima della data presunta del parto e 3 dopo la data effettiva. È anche possibile decidere di iniziare la maternità un mese prima del parto o dal momento del parto: l’INPS non richiede certificati medici specifici, ma è onere della lavoratrice comunicarlo nella domanda di maternità online. Durante i 5 mesi non c’è obbligo di astensione dall’attività lavorativa, ma è possibile continuare a lavorare e percepire ugualmente l’indennità.
Invece, in caso di gravi complicanze della gravidanza, o quando le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli per la lavoratrice, ASL e DTL dispongono provvedimenti di interdizione anticipata e prorogata, che obbligano all’astensione dal lavoro prima dei 2 mesi ante partum ed, eventualmente, fino a 7 mesi dopo la nascita del bambino.
Qualora nell’anno precedente all’evento di maternità la lavoratrice abbia percepito un reddito al di sotto degli 8.145 euro rivalutato annualmente (9.456,53 euro per il 2025), può richiedere l’indennità di maternità per gli ulteriori 3 mesi immediatamente successivi al periodo di maternità/paternità.
Per quanto riguarda i papà, il congedo di paternità è fruibile se la mamma non può usufruirne (per morte, grave infermità, abbandono del figlio) o se il figlio viene affidato solo al padre. Il congedo dura quanto il periodo non usato dalla mamma (o 3 mesi dal parto, se la mamma non lavora). Anche il papà non è obbligato ad astenersi dal lavoro e ha diritto agli ulteriori 3 mesi di indennità se nell’anno precedente l’evento di paternità ha un reddito inferiore a 8.145 euro (9.456,53 euro per il 2025).
L’indennità è pari all’80% di 1/365 del reddito utile ai fini contributivi, che viene erogata direttamente dall’INPS tramite bonifico su conto corrente o bonifico postale.
L’Istituto ricorda di comunicare la data di nascita del bambino entro 30 giorni dal parto e che il diritto all’indennità si “perde” dopo un anno dalla fine del periodo indennizzabile.
Fonte : INPS