Con la sentenza emessa, il 16.06.2022, nella causa C-328/20, la Corte di Giustizia UE afferma che l’adeguamento degli assegni familiari e di vari vantaggi fiscali, concessi da uno Stato membro a favore dei lavoratori in funzione dello stato di residenza dei loro figli, è contrario al diritto dell’Unione.
Il fatto affrontato
La Commissione Europea, in data 25.01.2019, invia una lettera di diffida alla Repubblica d’Austria in merito all’irregolarità della normativa, entrata in vigore a partire dal 01.01.2019, concernente il meccanismo di adeguamento per calcolare l’importo forfettario degli assegni familiari e di vari vantaggi fiscali concessi ai lavoratori i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro.
La sentenza
La Corte di Giustizia rileva che tutte le prestazioni familiari rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e, come tali, non sono soggette ad alcuna riduzione o modifica per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedano in uno Stato membro diverso da quello che concede dette prestazioni.
Difatti, continua la Corte, detto regolamento esige una rigorosa equivalenza tra gli importi delle prestazioni familiari erogate da uno Stato membro ai lavoratori i cui familiari risiedono in tale Stato e ai lavoratori i cui familiari risiedono in un’altra nazione, dal momento che le differenze in termini di potere d’acquisto tra gli Stati non giustificano un trattamento diversificato.
Diversamente ragionando, secondo la sentenza, si finirebbe per integrare una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, anche alla luce del fatto che i lavoratori migranti partecipano allo stesso modo di un lavoratore nazionale alla determinazione e al finanziamento delle prestazioni familiari.
Su tali presupposti, la CGUE accoglie integralmente il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione, dichiarando la normativa austriaca contraria al diritto comunitario.
A cura di Fieldfisher