Con la risposta n. 91/2024 l’ Agenzia delle Entrate torna sul tema della corretta tassazione delle indennità aggiuntive di fine servizio erogate da un Fondo di previdenza alimentato dalle somme derivanti dalle sanzioni pecuniarie riscosse a seguito di attività accertativa.
Il parere verte sull’equipollenza tra TFR e indennità aggiuntive fine di servizio. Un tema sul quale la giurisprudenza è intervenuta costringendo l’Agenzia delle Entrate a modificare il proprio orientamento ormai risalente nel tempo.
In particolare, la circolare 5 febbraio 1986, n. 2 (parte prima) del Ministero delle Finanze aveva chiarito che le “indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente” andavano considerate quelle spettanti ai pubblici dipendenti e, in specie, stante la codificata equipollenza, ovvero equivalenza con il TFR, quelle corrisposte in ogni caso in cui venga a cessare il rapporto di pubblico impiego o l'appartenenza ad una generale categoria di detto settore (ad es. l'indennità di buonuscita).
Lo stesso documento di prassi aveva specificato che, ove il dipendente avesse diritto a più indennità, il carattere di indennità ''equipollente'' non potesse che essere assegnato a quella ''principale'', spettante per il rapporto di pubblico impiego tra beneficiario e ente o organismo di appartenenza in quanto non era stato ritenuto ipotizzabile che, in presenza di una pluralità di indennità, fossero tutte qualificabili come ''equipollenti'' al T.F.R.. Poiché, infatti, il T.F.R. è unico per tutti i lavoratori subordinati diversi dai pubblici dipendenti, analoga valutazione doveva essere fatta anche con riguardo ai pubblici dipendenti.
Nel corso degli anni, è stata fatta valere in giudizio da numerosi contribuenti una tesi contraria a tale orientamento, sulla base della quale le somme erogate da tale specifico Fondo sarebbero, invece, assimilabili alle ''indennità equipollenti'' al trattamento di fine rapporto ed assoggettate a tassazione separata in base al combinato disposto di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 19, comma 2bis, del Tuir . ( cfr. risposta 425/2023 )
In relazione a tale contenzioso, la Corte di cassazione è intervenuta, con numerose pronunce, affermando che l'indennità in parola è qualificabile come 'equipollente'' al T.F.R. e, pertanto, si è consolidato nella giurisprudenza di legittimità un indirizzo in contrasto con la prassi dell'Amministrazione finanziaria. In proposito, è stata richiamata l'ordinanza n. 18616 del 30 giugno 2023 con la quale è stata confermata la natura di retribuzione differita e la funzione esclusivamente previdenziale dell’ indennità.
L’ Agenzia, in conformità all'orientamento giurisprudenziale, conclude che " l'indennità aggiuntiva erogata dal fondo di previdenza istante ai propri iscritti aventi diritto, alla cessazione del rapporto di lavoro, debba essere assoggettata a tassazione separata, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, e sia imponibile, ai sensi dell'articolo 19, comma 2bis, del Tuir, per un importo che si determina riducendo l'ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio, senza tener conto dell'ulteriore riduzione prevista dall'ultimo periodo della citata disposizione in quanto non è previsto il versamento di contributi a carico dei dipendenti."
Fonte: Agenzia delle Entrate