Con la sentenza n. 26011 del 17.10.2018, la Cassazione afferma che il diritto alla convocazione di assemblee sindacali retribuite dei lavoratori rientra tra le prerogative non solo della RSU nella sua componente collegiale, ma anche dei singoli componenti della medesima.
Il fatto affrontato
L’organizzazione sindacale propone ricorso ex art. 28 l. 300/1970, avverso la società che aveva negato il permesso a tenere l’assemblea retribuita dei lavoratori in azienda, in quanto la stessa era stata convocata non dalla RSU, quale organo collegiale, ma da uno solo dei componenti della stessa.
La sentenza
La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che, secondo il combinato disposto degli artt. 4 e 5 dell’Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993 (istitutivo delle RSU), il diritto di indire le assemblee retribuite dei lavoratori, di cui all’articolo 20 della l. 300/1970, rientra, quale specifica agibilità sindacale, tra le prerogative attribuite non solo alla RSU, collegialmente considerata, ma anche a ogni singolo componente della stessa.
Secondo i Giudici di legittimità, la suddetta tesi non scardina il principio democratico di rappresentatività su base maggioritaria, poiché l'esercizio in via individuale delle prerogative sindacali proprie della RSU è limitato ad alcune tassative ipotesi.
Infatti, continua la sentenza, la condizione essenziale perché il singolo componente della RSU possa legittimamente esercitare detto potere, è che lo stesso sia stato eletto nelle liste di una associazione sindacale che sia dotata del requisito di rappresentatività - secondo la lettura dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori offerta dalla Corte costituzionale con la sentenza 231/2013 - avendo sottoscritto un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva o avendo partecipato, quantomeno, alla sua negoziazione.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dall’organizzazione sindacale, cassando con rinvio la sentenza impugnata.
A cura di Fieldfisher