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In Italia nasce la figura del nomade digitale


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I nomadi digitali rappresentano una delle ultime frontiere del lavoro, un approccio che si è sviluppato già a partire dall’ultimo decennio e che ha subito un’accelerazione sostanziale in seguito ai cambiamenti sociali prodotti dalla pandemia globale da Covid 19. Il fenomeno nasce con la diffusione dei dispositivi mobili, come portatili e smartphone, che consentono di connettersi da ogni parte del mondo e lavorare senza essere legati a una postazione in ufficio. 

Gestire il proprio work-life balance con assoluta indipendenza è uno degli innegabili vantaggi che porta con sé questa nuova modalità lavorativa, tanto che è nata da poco l'Associazione Italiana Nomadi Digitali, un ente del terzo settore che punta a promuovere il nomadismo digitale e incentivare la cultura del lavoro da remoto nel nostro Paese con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei lavoratori e generare un impatto socio economico positivo sui nostri territori. Sono infatti molti i borghi e i centri abitati, dai più piccoli ai più grandi, che hanno avviato processi di rinnovamento e digitalizzazione per accogliere questa nuova categoria di lavoratori. 

Nomadi digitali e lavoratori da remoto extra-ue, autonomi o subordinati, potranno entrare in Italia al di fuori delle quote del decreto flussi ( attualmente per un massimo di 69.700 unità in gran parte riservate al lavoro stagionale ). Con l’emendamento inserito in sede di conversione del Decreto Sostegni-ter arriva il permesso di soggiorno per lo smart working dei “ nomadi digitali ” o remote worker che scelgono l’Italia come luogo in cui lavorare da remoto. La novità è prevista all’art. 6-quinquies della Legge 28 marzo 2022 n. 25, il quale prevede una modifica al T.U. sull’ Immigrazione ( art. 27 , D.Lgs. n. 286/1998 ). 

E' considerato nomade digitale il cittadino proveniente da Paesi extraeuropei che lavora in smart working (o remote working) in Italia, svolgendo un’attività lavorativa altamente qualificata, attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto alternativamente: 

  • in via autonoma (come libero professionista, per esempio);
  • come lavoratore dipendente di un’impresa anche con sede al di fuori dello Stato italiano (nuovo comma 1-sexies dell’articolo 27 del Decreto Legislativo 286 del 1998).

L’articolo 6-quinquies della Legge di conversione inserisce i nomadi digitali e lavoratori da remoto dei Paesi non europei tra le categorie di lavoratori stranieri a cui può essere rilasciato il permesso di soggiorno semplificato al di fuori delle quote previste ogni anno dal decreto flussi. Un decreto ministeriale, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della Legge di conversione , definirà le modalità e i requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno, le soglie minime di reddito, le modalità di verifica dell’attività lavorativa e ulteriori dettagli sulle categorie di lavoratori ammesse. 

La procedura semplificata non prevede la richiesta del nullaosta lavorativo previsto per gran parte degli ingressi per ragioni lavorative. Il permesso di soggiorno, previa acquisizione del visto d’ingresso, verrà rilasciato per un periodo di un anno, a condizione che il titolare abbia la disponibilità di un’assicurazione sanitaria. In alcuni casi, il permesso di soggiorno per i nomadi digitali o remote workers potrà essere prorogato per un massimo totale di 2 anni. Il lavoratore dovrà comunque rispettare le disposizioni di carattere fiscale e contributivo vigenti nell’ordinamento nazionale.

A beneficiare di questa corsia preferenziale saranno infatti solo alcune tipologie di lavoratori che svolgono particolari attività o quelli altamente specializzati. Attualmente i lavoratori specializzati che possono accedere a tale particolare procedura sono espressamente individuati dal T.U. immigrazione (art. 27, D.Lgs. n. 286/1998) e sono: dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato UE; lettori universitari; professori universitari; traduttori e interpreti; lavoratori marittimi; lavoratori dipendenti da imprese straniere temporaneamente trasferiti in Italia. L’elenco riportato resta meramente indicativo in atteso del nuovo decreto del Ministero dell’ Interno che dovrà individuare con maggiore precisione le attività con ingresso agevolato. 

IL REPORT SUL NOMADISMO DIGITALE : 

Con l'obiettivo di comprendere quale sia nel nostro paese la reale consapevolezza del fenomeno e fare emergere quali sono i reali bisogni, esigenze e criticità di quanti nel nostro paese vivono e lavorano da nomadi digitali, l’ Associazione Italiana Nomadi Digitali ha stilato nel 2021 un Primo Rapporto sul Nomadismo Digitale, con cui è stato tracciato un primo censimento del fenomeno. Le evidenze forniscono dei risultati inaspettati :

Composizione anagrafica - Il nomadismo digitale non è più una nicchia giovanile, il 64% ha un'età compresa tra i 30 e i 49 anni mentre i senior, con età superiore ai 50 anni, sono il 27%. Gli under 30 sono appena al di sotto del 10%. 

Profili professionali - Tratto comune a tutti i profili è l'alto livello di scolarizzazione in larghissima parte laureati. Si tratta in particolare di free lance e liberi professionisti ( il 41 percento dei partecipanti al sondaggio ), ma l’interesse per il nomadismo digitale riguarda anche i lavoratori dipendenti nella misura del 38%. Per quest’ultimi, il futuro prossimo prospetta una sempre più netta distinzione tra impieghi “ remotizzabili “ e non, come elemento di valutazione dell’impiego da coloro che sono in cerca di lavoro. Il restante 8% sono imprenditori. 

Criticità - Tra le principali criticità avanzate gli eccessivi adempimenti formali, dovuti a leggi e normative non adeguate, oltre alla complessità burocratica e fiscale, che mettono i nomadi digitali di fronte a numerosi impedimenti rispetto ad altri Paesi. 

Le norme previste dalla Legge di conversione del Sostegni-ter intendono fornire in tal senso un primo e  parziale rimedio. L'Italia segue in questo una strada già intrapresa da altri Stati nel tentativo di portare sul territorio nazionale un maggiore numero di talenti e professionisti stranieri.