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Cassazione: il periodo non lavorato nel part-time verticale deve essere computato ai fini dell’anzianità contributiva


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Con l’ordinanza n. 8772 del 10.04.2018, la Cassazione afferma la sussistenza del diritto dei lavoratori, con contratto di part time verticale ciclico, all'inclusione anche dei periodi non lavorati nell'anzianità contributiva, incidendo la contribuzione ridotta sulla misura della pensione e non sulla durata del rapporto di lavoro.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente contro l’INPS, al fine di ottenere il riconoscimento dell’anzianità contributiva in ordine ai periodi non lavorati durante il rapporto di lavoro con contratto di part-time verticale ciclico, con tutte le conseguenze di legge circa la data di maturazione del diritto alla pensione.
Contro la sentenza d'appello, che riconosce la fondatezza della tesi del prestatore, ricorre per cassazione l'INPS.

L’ordinanza

La Cassazione ritiene di non poter aderire alle censure mosse alla sentenza di merito da parte dall’INPS, secondo cui le modalità di calcolo dell'anzianità contributiva, ai fini pensionistici, non possono che riferirsi ai periodi in cui vi sia stato effettivo svolgimento dell'attività lavorativa, con corresponsione della retribuzione e della contribuzione previdenziale, senza possibilità alcuna di spalmare su tutto l'anno, e quindi anche sui periodi non lavorati, i contributi versati.

I Giudici di legittimità, infatti, rifacendosi al principio comunitario di parità di trattamento, tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale ai fini previdenziali, affermano la sussistenza del diritto dei lavoratori, in part time verticale ciclico, all'inclusione anche dei periodi non lavorati nell'anzianità contributiva, incidendo la contribuzione ridotta sulla misura della pensione e non sulla durata del rapporto di lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dall’Istituto previdenziale.

A cura di Fieldfisher