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Cassazione: le somme versate all’INPS dal datore di lavoro in caso di messa in mobilità dei dipendenti sono soggette al termine di prescrizione quinquennale


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La Cassazione, Sezione lavoro, con la sentenza n. 672 del 12 gennaio 2018, afferma che le somme versate all’INPS dal datore di lavoro in occasione della messa in mobilità dei dipendenti rientrano nell’ampia categoria dei contributi previdenziali assistenziali e, come tali, sono soggette al termine prescrizionale quinquennale previsto dall’art. 3 l. n. 335/1995.

Il fatto affrontato

Adducendo una serie di argomentazioni a sostegno della propria pretesa, l’Inps propone ricorso dinanzi alla Suprema Corte, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, co. 4, l. n. 223/1991 e dell’art. 3, co. 9, l. n. 335/1995, per avere la Corte d’Appello qualificato gli oneri gravanti sul datore di lavoro, a fronte della messa in mobilità dei propri dipendenti come contributi previdenziali e, in quanto tali, rientranti nell’ambito della disciplina della prescrizione quinquennale.

La sentenza

La Corte di Cassazione – confermando quanto statuito dalla Corte d’Appello – adduce tutta una serie di argomentazioni tese a destituire di fondamento la pretesa dell’Ente previdenziale, interessato a vedersi dichiarare la non applicabilità del termine di prescrizione quinquennale alle somme versate dal datore di lavoro in caso di messa in mobilità dei propri dipendenti.

Il ricorso depositato da parte dell’Inps viene rigettato, in primo luogo, in virtù di quanto disposto dall’art. 4, co. 6, D.M. n. 142/1993, il quale prevede l’assoggettamento dell’onere de quo alle medesime sanzioni civili prescritte ex art. 4, D.L. n. 536/87 in caso di omissione contributiva. Inoltre, la Corte basa la propria pronuncia sulla finalità cui tende il versamento di queste somme che è la medesima prescritta dall’art. 38 Cost., nonché sull’operatività per le stesse del principio di automaticità delle prestazioni.

La Corte di legittimità è, inoltre, giunta alle predette conclusioni sulla base di due ulteriori motivazioni: quella per cui le somme versate dal datore in caso di messa in mobilità dei lavoratori dipendenti sono destinate alla gestione degli interventi assistenziali di sostegno alle gestioni previdenziali ex art. 37, l. n. 88/1989 nonché quella per cui una parte delle stesse somme deve essere pagata in un tempo antecedente rispetto l’inizio della procedura di mobilità e, pertanto, qualora successivamente l’imprenditore rinunci a collocare in mobilità i lavoratori o ne collochi in numero ridotto, può vantare un credito nei confronti dell’Istituto previdenziale che è assoggettabile alla disciplina del conguaglio.

Tutti questi profili hanno, dunque, condotto la Corte ad attribuire carattere contributivo alle somme versate dal datore di lavoro in caso di messa in mobilità dei lavoratori dipendenti, con conseguente applicazione della previsione secondo la quale gli oneri contributivi si prescrivono in cinque anni.

A cura di Fieldfisher