Stampa

Cassazione: le conseguenze dell’illegittima collocazione in cassa integrazione


icona

Con l’ordinanza n. 90 del 03.01.2023, la Cassazione afferma che è illegittima la condotta del datore che sceglie i lavoratori da sottoporre a cassa integrazione mediante l’applicazione di un criterio totalmente discrezionale, non concordato e non desumibile dal generico richiamo alle esigenze tecnico-produttive.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare l’illegittimità della sua collocazione in cassa integrazione a zero ore.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, condannando la società a risarcire i danni alla ricorrente in misura pari alla differenza tra la retribuzione a lei spettante ed il trattamento di integrazione salariale percepito.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il datore non può individuare discrezionalmente i lavoratori da sospendere per sottoporre a cassa integrazione.

Per la sentenza, infatti, è necessario che la società comunichi alle organizzazioni sindacali gli adeguati e predeterminati criteri di scelta, le priorità tra i vari parametri considerati (quali anzianità, carichi, esigenze produttive), le modalità applicative dei criteri medesimi, la platea dei soggetti interessati in riferimento alle qualifiche possedute e le concrete mansioni esercitate in funzione degli obiettivi aziendali di risanamento e riorganizzazione.

Secondo i Giudici di legittimità, il mancato rispetto di detto onere comporta l'illegittimità sia del provvedimento concessorio dell'intervento di integrazione salariale sia della, conseguente, sospensione dei lavoratori interessati.

Rinvenendo quest’ultima circostanza nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società e condanna la stessa al pagamento del richiesto risarcimento.

A cura di Fieldfisher