Stampa

Corte di Giustizia UE: prestazioni di sicurezza sociale e parità di trattamento dei titolari di un permesso unico di soggiorno (sentenza 21.6.2017, Causa C-449/16)


Con la sentenza 21.06.2017, causa C 449/16,  la Corte di Giustizia UE affronta il caso di una cittadina straniera residente in Italia e titolare di permesso unico per soggiorno e lavoro apre una vertenza nei confronti dell’INPS e del Comune di Genova, conseguente al rigetto della richiesta volta ad ottenere l’assegno a favore dei nuclei familiari con almeno tre figli minori.

In forza dell’art. 65 della l. n. 448/98, i nuclei familiari con tre o più figli di età inferiore ai 18 anni, titolari di redditi inferiori a un determinato limite hanno diritto a percepire l’assegno per il nucleo famigliare (ANF). Inizialmente riservato ai soli cittadini italiani, l’ANF è stato esteso ai cittadini UE nel 2000, ai cittadini di paesi terzi titolari dello status di rifugiato politico o della protezione sussidiaria nel 2007 e, infine, nel 2013, ai titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo e ai familiari dei cittadini UE. Con il d.lgs. n. 40/14, di attuazione della direttiva 2011/98/UE, è stata introdotta una procedura di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini stranieri di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro, nonché di godere di un insieme di diritti analoghi a quelli dei lavoratori nazionali in tutti gli ambiti connessi all’occupazione (condizioni di lavoro, istruzione e formazione professionale, sicurezza sociale, etc.).

Ai soggetti titolari di permesso unico per soggiorno e lavoro non è, però, concesso l’ANF. La cittadina straniera adisce il Tribunale di Genova al fine di ottenere il riconoscimento dell’assegno, lamentando la contrarietà del mancato riconoscimento al principio di parità di trattamento enunciato all’art. 12 della direttiva 2011/98/UE.

La domanda viene respinta.

A seguito dell’impugnazione, la Corte d’Appello di Genova solleva dubbi sulla compatibilità dell’art. 65 della l. n. 448/98 con il diritto UE, rinviando la questione alla Corte di Giustizia UE.

La sentenza

La Corte di giustizia si interroga, in primo luogo, sulla natura dell’ANF, chiedendosi se lo stesso costituisca una prestazione di sicurezza sociale, oggetto della direttiva, oppure una prestazione di assistenza sociale. Al riguardo, la Corte di Giustizia UE chiarisce come non rilevi la qualificazione data alla prestazione, dovendosi, invece, guardare alle finalità della stessa ed ai presupposti per la sua attribuzione.

Nemmeno le modalità di finanziamento o il riconoscimento della stessa in assenza di un presupposto contributivo rilevano ai fini della sua qualificazione come prestazione di sicurezza sociale.

Si è, infatti, in presenza di una prestazione di sicurezza sociale ogni qual volta la stessa sia attribuita ai beneficiari prescindendo da una valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione definita per legge, e si riferisca a uno dei rischi espressamente elencati dalla direttiva.

Alla luce di ciò, la Corte di Giustizia UE conclude chiarendo come prestazioni - attribuite automaticamente alle famiglie e legate a determinati criteri obiettivi e segnatamente alle loro dimensioni, al loro reddito e alle risorse di capitale a prescindere da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali e destinate a compensare i carichi familiari - devono essere considerate prestazioni di sicurezza sociale.

Tali prestazioni - e, quindi, anche l’ANF - devono essere riconosciute anche ai cittadini di un Paese terzo, titolari di un permesso unico per soggiorno e lavoro.

 

A cura di Fieldfisher