Notizie

Stampa

Parità di genere , siamo davvero difronte ad una battuta di arresto ?


L’anno che è trascorso è stato caratterizzato dal perfezionamento delle misure previste dal PNRR per ridurre il gap di genere, in primo luogo con riferimento al tema dell’occupazione. 

Il 2022 ci ha fornito l’occasione di verificare l’efficacia di strumenti innovativi come il gender procurement e l’attribuzione di punteggio premiale nei bandi di gara finanziati dal PNRR. Un passaggio importante è stato il provvedimento che ha previsto l’introduzione della certificazione di genere ( Legge 5 novembre 2021 n 162 ), la predisposizione delle Linee Guida UNI/PdR 125:2022 per le imprese recepite dal decreto attuativo del 29 aprile 2022, e la costituzione del Tavolo permanente sulla certificazione di genere allo scopo di proporre una forma di monitoraggio anche in rapporto alle prassi di altri Paesi. 

Purtroppo nonostante le aspettative maturate, diversi indici e ricerche rivelano come il percorso verso la parità di genere si stia rivelando decisamente più lento del previsto. 

Secondo il rapporto ASvIS 2022 presentato a dicembre, il goal 5 è in miglioramento, nonostante le disparità. Il report dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile rileva alcune "tendenze incoraggianti" come un "maggior numero di donne ai vertici delle aziende e in politica e una ripresa del tasso di occupazione femminile", ma riscontra ancora forti disuguaglianze come la scarsa retribuzione. 

Nei primi mesi dell’anno l’ Associazione ha rivisto le proprie stime e lanciato un allarme sulla possibile battuta di arresto delle politiche di parità finanziate con fondi del PNRR, soprattutto a seguito della circolazione della bozza del nuovo codice degli appalti pubblici diffusa all’ inizio di febbraio, in cui è venuto meno il riferimento alla certificazione, con l’attribuzione di punteggio premiale nei bandi resa facoltativa e priva di criteri predefiniti. 

Riguardo a questo punto occorre precisare che lo schema di decreto legislativo sul nuovo codice degli appalti, attualmente all’esame delle commissioni parlamentari, apporta due modifiche al vigente codice degli appalti (D.Lgs. 50/2016), attenuando moltissimo la portata del riferimento alla certificazione di parità, perché: 

  1. viene eliminata la previsione che le amministrazioni aggiudicatrici indichino nel bando la certificazione della parità di genere quale criterio premiale negli appalti pubblici, sostituita con due previsioni: la richiesta delle stazioni appaltanti agli operatori economici di garantire le pari opportunità e la possibilità per le stazioni appaltanti di prevedere nei bandi, come requisiti necessari o premiali, meccanismi e strumenti idonei a realizzare le pari opportunità); 
  2. viene stabilito che sia la stazione appaltante a dover individuare, tra i marchi e le certificazioni che danno diritto all’agevolazione della riduzione della garanzia fideiusssoria (identificati in apposito allegato) quelli più pertinenti rispetto all’affidamento concreto, mentre la attuale normativa stabilisce che per le aziende certificate vi sia la automatica riduzione del 30% della garanzia fideiussoria . 

Quello che emerge dall’ ultimo studio ASVIS è un quadro in cui gli interventi diretti e indiretti non riescono a raggiungere gli obbiettivi ambiziosi fissati dal PNRR per promuovere il superamento del divario di genere tra cui l’ occupazione femminile ( + 4% entro il 2026 ), le differenze retributive, l’imprenditorialità, la presenza di donne ai vertici delle organizzazioni o, nel caso di quelli indiretti, la disponibilità di asili nido e servizi sociali.

Sono confortanti, invece, i dati sin ad ora raccolti sul numero di aziende certificate che presentano istanze di esonero contributivo all’ INPS . Prima della fine del 2022, nel pieno rispetto dei tempi stabiliti per legge, erano stati portati a termine gli adempimenti che hanno consentito in tempi anticipati l’avvio dell’operatività del progetto, con l'obiettivo dell’ottenimento della certificazione da parte di almeno 800imprese, di cui almeno 450 di dimensioni micro, piccole e medie entro giugno 2026. A oggi queste previsioni sembrano rispettate con 21 organismi di certificazione accreditati e 346 richieste pervenute all' INPS. ( Circ. n. 137 del 27.12.2023 ).

Certificazione : un metodo da migliorare 

In un suo recente articolo dal titolo “ Certificare la parità “, la Consigliera del CNEL Livia Ricciardi ha fatto alcune interessanti proposte di integrazioni e correttivi per la certificazione. 

In primis è stata rimarcata la necessità di valorizzare il ruolo delle organizzazioni sindacali nel processo di certificazione, anche in un’ottica di maggiore sensibilizzazione alle tematiche della parità. 

Il mancato confronto con le organizzazioni sindacali e datoriali, oltre al mancato coinvolgimento del tavolo di lavoro permanente, hanno determinato secondo la consigliera alcune incongruenze nell’individuazione dei KPI del Documento UNI, oltre a criticità di metodo. 

Per quanto riguarda il metodo, i cambiamenti culturali e le scelte organizzative richieste dal sistema di certificazione della parità di genere rendono imprescindibile il ruolo della contrattazione e questo è stato un primo elemento mancante durante la prima fase di attuazione. 

Per questo motivo rappresentanti CGIL ; CISL e UIL hanno sollecitato correttivi e integrazioni. Ad esempio, è stato chiesto di prevedere come prerequisito esplicito l’applicazione, da parte dell’azienda, di un CCNL stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e di includere passaggi con le rappresentanze interne nel percorso di adeguamento aziendale, immaginando un percorso partecipativo e condiviso che si possa concludere con un accordo sindacale. 

Osservazioni sono state presentate anche nel merito dei singoli indicatori. Una delle perplessità emerse riguarda gli indicatori relativi alle misure di conciliazione vita-lavoro, centrati quasi esclusivamente sui periodi di maternità-paternità (fruizione congedi, rientro). Viene infatti rilevato come il tema della conciliazione è più ampio e andrebbe affrontato con una organizzazione del lavoro flessibile che venga incontro alle esigenze di lavoratrici e lavoratori in tutte le fasi di vita, con la condivisione dei compiti di cura. 

Senza questo passaggio le donne, continueranno ad essere vittime di una cultura del lavoro che spesso formalmente non opera discriminazioni, ma che introietta dinamiche indirettamente discriminatorie. Continueranno a tirarsi indietro su straordinari, trasferte, incarichi extra, e continueranno a chiedere il part time, subendo come conseguenza le discriminazioni salariali, paradossalmente in piena “legittimità”.