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Istat - Rapporto annuale 2023 : In Italia retribuzioni inferiori alla media Ue di 3.700 euro


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L’ ISTAT ha pubblicato in data 7 luglio il rapporto annuale 2023. La fotografia scattata dall’ Istituto fornisce un’ istantanea del mercato del lavoro in affanno nel confronto con i maggiori paesi europei. L’occupazione è tornata ai livelli pre-pandemia ma è nell’istruzione , nella formazione e nelle politiche retributive che il mercato incontra maggiori difficoltà. 

Retribuzioni inferiori alla media UE – Il rapporto evidenzia come i lavoratori italiani guadagnino circa 3.700 euro l'anno in meno della media dei colleghi europei e oltre 8 mila euro in meno della media di quelli tedeschi. La retribuzione media annua lorda per dipendente è pari a quasi 27 mila euro, con una crescita nell’ultimo decennio del 12%, pari alla metà di quella osservata nella media dei ventisette Paesi dell’Unione Europea, dove le retribuzioni dal 2013 hanno registrato un aumento del 23 per cento. La Spagna è l’unico paese che mostra dinamiche simili a quella italiana con un aumento di 11,8 punti percentuali mentre in Francia ( + 18,3 per cento ) e in Germania ( + 27,1 per cento ) la crescita delle retribuzione lorde annue per dipendente procede a ritmo più spedito. Altro aspetto evidenziato nel rapporto annuale è la perdita di potere di acquisto delle retribuzioni, sceso di due punti percentuali in dieci anni rispetto ad un aumento di due punti e mezzo della media UE27. 

Giovani lontani dalla scuola e dal lavoro - I dati riportati dall'ISTAT attestano che quasi un quinto dei giovani tra 15 e 29 anni in Italia non lavora , non studia e non segue corsi di formazione ( NEET, acronimo di “ Not in Education , EMployment or Training “ ). Il tasso italiano di Neet è di oltre 7 punti percentuali superiore a quello medio europeo (11,7 per cento). Confrontati con la media europea, i giovani italiani tra i 15 e i 29 anni presentano una quota di partecipazione al lavoro (33,8 per cento) più bassa di oltre 15 punti percentuali, e una scarsa diffusione degli studenti-lavoratori, che nel nostro Paese rappresentano il 6 per cento dei giovani di questa classe di età, mentre nella media europea sono il 16,7 per cento. Il fenomeno - ricorda l' ISTAT - è riconducibile alla debolezza dell’offerta formativa professionalizzante, alla carenza di efficaci politiche attive sul lavoro, a una scarsa dinamicità del mercato, fattori sui quali il Programma di Ripresa e resilienza intende rimediare. 

L'11,5% ha abbandonato senza ottenere diploma superiore nel 2022 - Tra i 18 e i 24enni, nel 2022, l'11,5 per cento ha abbandonato precocemente gli studi, senza conseguire un diploma secondario superiore. In questo caso, il distacco con l'Ue27 in un decennio si è ridotto da 4,7 punti percentuali a soli 1,9. 

Calano gli individui in età lavorativa - Gli effetti del calo della popolazione in età da lavoro e dell’invecchiamento sono apprezzabili già oggi. Agli scarsi livelli di occupazione giovanile va legato un ulteriore elemento, quello del calo della popolazione in età lavorativa con un peso anche nella tenuta del sistema previdenziale. Gli individui in età attiva risultano in calo, quanto i più giovani: i 15-64enni scendono a 37 milioni 339mila (sono il 63,4 per cento della popolazione totale), mentre i ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni 334mila (12,5 per cento). La popolazione ultrasessantacinquenne ammonta a 14 milioni 177mila individui al 1° gennaio 2023, e costituisce il 24,1 per cento della popolazione totale. Tra le persone ultraottantenni, si rileva comunque un incremento, che li porta a 4 milioni 530mila e a rappresentare il 7,7 per cento della popolazione totale. Questa tendenza – sottolinea l’ Istituto – non va intesa come un “ destino ineluttabile “, perché l’aumento dei tassi di occupazione, in particolare per giovani e donne , potrebbe “ compensare la perdita prevista nel numero di occupati e ridurre la diseguaglianza di genere “.