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Entrate - Risposta n. 41/2025 : Impatriati - Con lo stesso datore di lavoro servono 7 anni di permanenza all'estero.


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Con la risposta n. 41/2025 l’ Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti sul periodo di permanenza all’estero nel caso di trasferimento infragruppo di lavoratori che intendono usufruire del nuovo regime agevolativo a favore degli impatriati. 

Nel caso di un lavoratore che rientri in Italia dopo un periodo di lavoro all’estero presso una società appartenente allo stesso gruppo del datore di lavoro italiano per cui aveva precedentemente lavorato, il requisito minimo di permanenza all’estero per accedere al nuovo regime agevolativo è pari a sei anni, a patto che il lavoratore non sia stato impiegato per il soggetto del gruppo residente in Italia durante il periodo d’imposta precedente il trasferimento all’estero o, comunque, fino alla data in cui avviene il trasferimento.

L’Agenzia ricorda la norma sul nuovo regime agevolativo (articolo 5 Dlgs n. 209/2023) che prevede un abbattimento del 50% del reddito complessivo, entro il limite di 600mila euro annui per i contribuenti che trasferiscono, dal periodo d'imposta 2024, la loro residenza in Italia.

I lavoratori devono però impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno 4 anni e non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti il loro trasferimento. Se il datore di lavoro italiano è lo stesso di quello estero o appartiene allo stesso gruppo il requisito minimo di permanenza diventa:

·       sei periodi d'imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore della stessa società per cui ha lavorato all’estero oppure di una appartenente al suo stesso gruppo

·       sette periodi d'imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all'estero, è stato impiegato in Italia in favore della stessa società o di una appartenente al suo stesso gruppo.

Fra i requisiti inoltre è necessario che il lavoro sia svolto per la maggior parte del periodo d'imposta nel territorio dello Stato e il lavoratore abbia una qualifica elevata.

Nel caso in esame, rileva l’Agenzia, considerato che il cittadino al rientro in Italia nel 2025 lavorerà per la stessa società per la quale aveva già lavorato in Italia fino al 2016 quindi non immediatamente prima del trasferimento all'estero avvenuto nel 2018, in applicazione dei principi sul rimpatrio introdotti dalla norma, la durata minima di residenza all'estero sarà di sei periodi di imposta. Ciò in quanto, secondo quanto affermato dal contribuente, non c'è coincidenza tra il datore di lavoro (società/gruppo) per il quale è stato impiegato in Italia nel periodo immediatamente precedente il trasferimento all'estero e quello presso il quale inizierà a lavorare dopo il suo rientro in Italia.

Con la risposta n. 41/2025 , L’ Agenzia delle Entrate ha dunque fornito un’interpretazione più precisa della locuzione «prima del suo trasferimento all’estero», contenuta nell’articolo 5 del Dlgs 209/2023 ai fini della proroga a sette anni del periodo di permanenza all’estero per beneficiare del regime in commento.  

Fonte: Agenzia delle Entrate