L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 307/2025, ha delineato il corretto inquadramento fiscale dei compensi percepiti da un magistrato nominato presidente di un Collegio Consultivo Tecnico (CCT) su autorizzazione dell’ente di appartenenza.
L'Amministrazione finanziaria ha colto l'occasione per ribadire che, per i dipendenti pubblici, la qualificazione di tali emolumenti segue una precisa gerarchia normativa all'interno del TUIR.
Il percorso indicato dall'Agenzia prevede che, in via prioritaria, le somme siano qualificate come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ex articolo 50, comma 1, lettera b) del TUIR, qualora l'incarico risulti intrinsecamente connesso alle funzioni della qualifica ricoperta e svolto in dipendenza del rapporto di lavoro principale. Venendo meno tale nesso , ma in presenza di attività riconducibili alla partecipazione a collegi e commissioni, la fattispecie rientra nell'ambito dell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR, che disciplina le collaborazioni coordinate e continuative. Soltanto in via residuale, ovvero in assenza dei requisiti di continuità, coordinamento e predeterminazione della retribuzione, è possibile invocare la categoria dei redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettera l) del TUIR.
Applicando tali principi al caso di specie, l'Amministrazione ha rilevato che il Regolamento dell’Ente consentiva di attingere i membri del collegio da un ventaglio di categorie professionali particolarmente ampio, circostanza che ha escluso la sussistenza di quel vincolo necessario per l'applicazione della lettera b). Tuttavia, data la natura dell'organo e non potendosi configurare la prestazione come meramente occasionale, l'Agenzia ha concluso per l'attrazione del compenso tra i redditi assimilati ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR, trattandosi a tutti gli effetti di partecipazione a collegi, con conseguente applicazione delle relative ritenute fiscali e previdenziali tipiche delle collaborazioni.
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