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Entrate - Risposta n. 301/2025 : Indennità mortis causa erogate dal datore di lavoro. Il corretto trattamento fiscale.


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Con la recente risposta n. 301/2025,  l’Agenzia delle Entrate ha fornito un chiarimento dirimente in merito alla qualificazione tributaria delle somme corrisposte dal datore di lavoro in favore dei superstiti del dipendente deceduto, a titolo di indennizzo o assegno integrativo.

La fattispecie oggetto di istanza - La questione sottoposta al vaglio dell’Amministrazione finanziaria concerne una società istante che, in esecuzione di uno specifico regolamento aziendale, prevede l'erogazione di misure indennitarie in favore dei dirigenti con qualifica di partner e dei relativi aventi causa. Tali tutele si attivano nelle ipotesi di decesso o invalidità permanente derivanti da infortuni o malattie, siano essi di natura professionale o extra-professionale.

L’assetto negoziale e regolamentare descritto delinea due distinte tipologie di erogazione, finalizzate a garantire una «protezione temporanea» ai familiari o ai beneficiari designati:

  • Temporanea Caso Morte (TCM): Un’erogazione in forma di capitale riconosciuta ai beneficiari espressamente individuati dal partner tramite comunicazione scritta e controfirmata.

  • Assegno Integrativo Caso Morte (AICM): Un’erogazione sotto forma di rendita in favore del coniuge, dei figli minori o degli aventi causa. Tale prestazione diviene esigibile a decorrere dall'anno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro e perdura sino al 30 giugno successivo alla data in cui il de cuius avrebbe compiuto il 62° anno di età.

Sotto il profilo della copertura finanziaria del rischio, è essenziale rilevare che l'obbligo di corresponsione grava direttamente sul datore di lavoro in forza del citato regolamento. La società, al fine di manlevarsi dal rischio economico, stipula un contratto di assicurazione nel quale essa figura sia come contraente che come beneficiaria; ne consegue che il rapporto assicurativo rimane distinto dall'obbligazione indennitaria verso gli eredi.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate - L’Agenzia delle Entrate, analizzando la natura delle somme erogate, ha ritenuto che le stesse non concorrano alla formazione del reddito imponibile in capo ai percipienti.

Il ragionamento dell'Ufficio si fonda sull'analisi dell'articolo 6, comma 2, del TUIR, il quale disciplina la tassazione delle indennità conseguite a titolo di risarcimento, stabilendo che queste costituiscono reddito solo se volte a reintegrare una perdita di reddito (lucro cessante).

Nel caso di specie, tenuto conto che:

  1. L'indennità è predeterminata sulla base di un regolamento aziendale;

  2. L'erogazione è effettuata direttamente dal datore di lavoro al coniuge, ai figli minori o agli aventi causa in occasione della morte del dipendente;

L'Agenzia ha concluso per l'irrilevanza reddituale delle somme. Tale esclusione da imposizione fiscale opera indipendentemente dalle modalità di erogazione prescelte o stabilite, siano esse in forma di capitale (come nel caso della TCM) o in forma di rendita (come nel caso dell'AICM).

La risposta all'interpello n. 301/2025 consolida l'orientamento secondo cui le erogazioni datoriali mortis causa, strutturate come indennizzi regolamentari coperti da polizze proprie del datore ("a copertura rischio aziendale"), non assumono natura retributiva né sostitutiva di reddito imponibile per gli eredi, configurandosi piuttosto come risarcimenti per danno emergente o erogazioni di natura previdenziale/assistenziale non soggette a tassazione IRPEF. 

WST Law & Tax