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Entrate – Risposta n. 270/2025 : Rimborsi chilometrici ai professionisti. Senza documentazione analitica costituiscono reddito


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Il rimborso delle spese chilometriche sostenute per chilometri effettivamente percorsi con tariffa pattuita con il committente non rappresenta un rimborso di spese da addebitare analiticamente ma concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo. Gli oneri sostenuti oggetto di tale riaddebito restano deducibili dall'esercente arte o professione in ragione dell'incarico eseguito.

È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 270/2025, nella quale affronta un caso concreto che le ha permesso di spiegare il corretto trattamento fiscale delle somme percepite da un professionista a titolo di rimborso chilometrico, dopo l’entrata in vigore nel 2025 delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 192/2024 al regime fiscale applicabile ai rimborsi spese nel lavoro autonomo. 

Il caso in esame riguarda un professionista che dichiara di aver emesso nel 2025 una fattura nei confronti della società cliente relativa a compensi per prestazioni professionali di consulenza e al rimborso delle spese chilometriche. Tale rimborso è stato concordato preventivamente con il committente, calcolato secondo parametri oggettivi, documentabili mediante il prospetto riepilogativo delle attività svolte, veritieri e integralmente riferibili allo svolgimento dell’incarico conferito dalla società e verificabili tramite strumenti di mappatura stradale come Google Maps”, con un riscontro distinto dalle prestazioni professionali in fattura .

Viene chiesto, pertanto, se il rimborso, pur non supportato da giustificativi fiscali della società cliente , possa essere escluso dalla ritenuta d’acconto, e se sia sufficiente documentare i chilometri percorsi e i parametri di calcolo per evitare l’obbligo di ulteriori giustificativi come gli scontrini del carburante.

Il parere dell’ Agenzia - L’ Amministrazione riepiloga il regime di determinazione del reddito di lavoro autonomo recentemente  modificato dall’art. del d.lgs. n. 192/2024. Le modifiche apportate dal Legislatore con la riforma fiscale hanno inteso superare precedenti criticità nella determinazione del reddito derivanti dal considerare compensi anche le somme che, pur essendo rimborsate dal committente, non rappresentano un reale incremento del reddito del professionista.

L' art. 54 del TUIR nella sua nuova formulazione stabilisce quanto segue :

  • il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività;
  • non concorrono a formare il reddito le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente;
  • tali spese non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo del soggetto che le sostiene. 

Per effetto di tale norma, i rimborsi delle spese di viaggio, trasporto, vitto e alloggio diventano quindi del tutto irrilevanti ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, non concorrendo alla formazione del reddito con conseguente inapplicabilità della ritenuta da parte del committente e  indeducibilità delle spese sostenute oggetto di rimborso. 

Tale irrilevanza, ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, è subordinata alla condizione che tali spese siano addebitate analiticamente in capo al committente. L’analiticità dell’addebito sussiste qualora le spese siano:

  • effettivamente sostenute dal professionista in relazione allo svolgimento dell’incarico professionale;
  • indicate in fattura in modo separato rispetto ai compensi spettanti;
  • comprovate da idonea documentazione da cui si evinca puntualmente la tipologia di spesa sostenuta e l’esatta riferibilità all’attività professionale, così da consentire un controllo di coerenza e correttezza, ( non esperibile in sede di interpello) , al fine di evitare che il rimborso possa eccedere il costo effettivamente sostenuto e quindi rappresentare per il professionista una ”forma” di compenso.

Da quanto precede ne consegue che l’analiticità dell’addebito non può essere intesa, come una semplice indicazione forfettaria basata su chilometri percorsi e tariffa pattuita anche se contabilizzati separatamente in fattura. È necessario che le spese siano documentate in modo puntuale e riferibile all’attività professionale, attraverso elementi che consentano un controllo di coerenza e correttezza. In assenza di tale documentazione, il rimborso chilometrico non può essere considerato escluso dalla formazione del reddito e, di conseguenza, deve essere assoggettato a ritenuta d’acconto dell' IRPEF dell’Irpef prevista dall’art. 25, c. 1, del D.P.R. n. 600/1973.

In virtù di tali considerazioni, l' Agenzia ha concluso che il rimborso chilometrico, pur concordato e calcolato dall’ istante secondo parametri oggettivi, non è sufficientemente analitico e documentato e deve essere assoggettato alla ritenuta alla fonte prevista dalla normativa vigente.

Fonte: Agenzia delle Entrate