Il rimborso delle spese chilometriche sostenute per chilometri effettivamente percorsi con tariffa pattuita con il committente non rappresenta un rimborso di spese da addebitare analiticamente ma concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo; gli oneri sostenuti oggetto di tale riaddebito restano deducibili dall'esercente arte o professione in ragione dell'incarico eseguito.
È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 270/2025, nella quale affronta un caso concreto che le ha permesso di spiegare come debbano essere trattate, dal lato fiscale, le somme percepite da un professionista a titolo di rimborso chilometrico, dopo l’entrata in vigore (nel 2025) delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 192/2024 al regime fiscale applicabile ai rimborsi spese nel lavoro autonomo.
Il professionista, in qualità di istante, fa presente che ha emesso una fattura nei confronti di una società cliente, includendo sia il compenso per la prestazione della propria consulenza sia un rimborso spese chilometriche, assoggettato a Iva. Tale rimborso era stato concordato preventivamente con il committente e calcolato in base ai chilometri percorsi e a una tariffa pattuita.
Viene chiesto, pertanto, se il rimborso, pur non supportato da giustificativi fiscali della società cliente , potesse essere escluso dalla ritenuta d’acconto, e se fosse sufficiente documentare i chilometri percorsi e i parametri di calcolo per evitare l’obbligo di ulteriori giustificativi come gli scontrini del carburante.
Il parere dell’ Agenzia - L’ Amministrazione riepiloga il regime di determinazione del reddito di lavoro autonomo recentemente modificato dall’art. del d.lgs. n. 192/2024.
Con la riforma fiscale si è voluto superare la criticità di considerare come compensi anche le somme che, pur essendo rimborsate dal committente, non rappresentano un reale incremento del reddito del professionista. Tuttavia, per evitare abusi e garantire la trasparenza, il legislatore ha previsto che solo i rimborsi analitici, debitamente documentati, possano beneficiare dell’esclusione dal reddito.
Ciò significa che il professionista deve indicare in fattura le spese in modo separato rispetto ai compensi, e deve essere in grado di dimostrare che tali spese sono state effettivamente sostenute per l’esecuzione dell’incarico.
Ne consegue che l’analiticità dell’addebito non può essere intesa come una semplice indicazione forfettaria basata su chilometri percorsi e tariffa pattuita. È necessario che le spese siano documentate in modo puntuale e riferibile all’attività professionale, attraverso elementi che consentano un controllo di coerenza e correttezza. In assenza di tale documentazione, il rimborso chilometrico non può essere considerato escluso dalla formazione del reddito e, di conseguenza, deve essere assoggettato a ritenuta d’acconto.
Su tali basi, art. 54-ter e art. 54, comma 2, lett. b) del TUIR, l’ Agenzia ha concluso che il rimborso chilometrico, pur concordato e calcolato dall’ istante secondo parametri oggettivi, non è sufficientemente analitico e documentato. Pertanto, concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo e deve essere assoggettato alla ritenuta alla fonte prevista dalla normativa vigente.
Nella risposta viene ribadita l’importanza della documentazione analitica e della separazione contabile tra compensi e rimborsi spese, sottolineando che solo in presenza di questi requisiti è possibile escludere i rimborsi dalla base imponibile del reddito professionale.
Fonte: Agenzia delle Entrate
