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Entrate – Risposta n. 249/2025 : Polizza sanitaria per dipendenti all’ estero. Imponibile senza solidarietà collettiva.


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In un contesto di internazionalizzazione crescente, sempre più aziende sono chiamate ad inviare i propri dipendenti all'estero. In questi casi, tra le possibili tutele aggiuntive rispetto a quelle garantite per legge, ai lavoratori possono essere riconosciute polizze assicurative per garantire una piena assistenza sanitaria anche fuori dal territorio nazionale. Ma qual'è il corretto trattamento fiscale dei premi assicurativi pagati dal datore di lavoro ? 

Il quesito trova risposta nel recente interpello n. 249/2025 dove l' Agenzia delle Entrate offre chiarimenti sul corretto trattamento fiscale  dei premi versati  per l'assicurazione sanitaria di dipendenti operanti all'estero, in Paesi dove l'assistenza sanitaria non è garantita in forma diretta. 

Nel documento, l’ Istante rappresenta di aver stipulato con società assicurativa una polizza sanitaria che copre malattia, infortuni e maternità dei propri lavoratori. Il premio assicurativo è interamente versato dal richiedente e varia in base alla copertura, che può essere individuale o familiare. Per quanto riguarda le sedi italiane, i dipendenti possono estendere la polizza al nucleo familiare pagandone il relativo premio aggiuntivo. All’estero, invece, nei Paesi dove non è erogata l’assistenza sanitaria in forma diretta, l’assicurazione è obbligatoriamente estesa, per Statuto, ai familiari conviventi a carico.

L’ente riferisce che fino a ora ai premi erogati è stato applicato il trattamento fiscale previsto per i fringe benefit (articolo 51, comma 3, Tuir). Tuttavia, ritiene che le polizze stipulate per i lavoratori (e loro familiari conviventi) in servizio presso le unità situate in Stati senza copertura sanitaria diretta, non costituiscano fringe benefit, ma un contributo previdenziale e assistenziale obbligatorio per legge e, quindi, non imponibile ai fini fiscali secondo le previsioni dell’articolo 51, comma 2, lettera a) del Tuir.

Di diverso avviso l’ Agenzia delle Entrate. Ad essere richiamato, innanzitutto, il principio cardine  in materia di tassazione dei redditi di lavoro dipendente dell’articolo 51 del TUIR, secondo cui tutti i compensi e i valori corrisposti in relazione al rapporto di lavoro costituiscono reddito imponibile, salvo specifiche eccezioni ( cd. principio di omnicomprensività ). Tuttavia, l’articolo 51, comma 2, lettera a), esclude dalla formazione del reddito " i contributi assistenziali e previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge"

Pertanto, affinché i premi assicurativi sanitari versati a favore dei dipendenti all’estero possano considerarsi esenti, è necessario che sussistano due condizioni fondamentali:

  1. Obbligatorietà del versamento, prevista da una norma di legge o da un atto avente forza normativa (come nel caso di una disposizione ministeriale);

  2. Finalità assistenziale, ovvero che la copertura assicurativa sia destinata a garantire prestazioni sanitarie essenziali in assenza di sistemi sanitari pubblici nel Paese di destinazione.

In mancanza di questi presupposti, come nel caso di specie, i premi corrisposti assumono natura retributiva e, quindi, devono essere assoggettati a tassazione  come fringe benefit, con conseguente obbligo di contribuzione anche ai fini previdenziali. 

L’ Agenzia conclude, dunque, che la polizza assicurativa sanitaria stipulata dall’ente non può rientrare tra le ipotesi di esclusione da tassazione previste dal Tuir. Il premio non rappresenta, infatti, un contributo assistenziale, perché non risponde a finalità di solidarietà collettiva verso soggetti in stato di bisogno (circolare n. 326/1997), né equivale a un contributo previdenziale, in quanto non garantisce prestazioni previdenziali obbligatorie per legge.

Alla luce dei chiarimenti forniti, i datori di lavoro che operano a livello internazionale devono porre particolare attenzione nel trattare fiscalmente i premi assicurativi sanitari destinati ai dipendenti in servizio all’estero. Il rischio è di cadere in errori di qualificazione.  

La discriminante fondamentale diventa la dimostrabilità dell’obbligatorietà della polizza formalizzata anche da accordi collettivi aziendali. Diversamente, se la stipula dell’assicurazione ha natura volontaria, anche se motivata da ragioni di tutela del lavoratore, i premi saranno considerati fringe benefit e quindi interamente imponibili, perdendo il duplice beneficio dell'esclusione dal reddito da lavoro dipendente e la deducibilità integrale ai fini IRES.

Fonte: Agenzia delle Entrate