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Entrate – Risposta n. 130/2024 : Illegittimità del contratto di somministrazione – Indennità risarcitoria tassata separatamente


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Le somme versate da una società utilizzatrice alla ex lavoratrice, a seguito di una sentenza che aveva accertato l’illegittimità del contratto di somministrazione per superamento dei limiti quantitativi consentiti dalla Legge e dalle contrattazione collettiva (articolo 31, comma 2, Dlgs n. 81/2015 e articolo 13 del Ccnl), hanno natura risarcitoria e devono essere tassate separatamente.

Il parere dell’ Agenzia trae origine da un contenzioso in cui l’ex lavoratrice somministrata in missione aveva citato in giudizio l’ente pubblico utilizzatore al fine di «accertare e dichiarare l'illegittimità dei contratti di somministrazione di lavoro, di lavoro somministrato e delle rispettive proroghe, relativi alla prestazione lavorativa , nonché il superamento del limite quantitativo di cui all'art. 31, comma 2, D.Lgs. 81/15 e 13 ccnl». Ulteriore richiesta avanzata dalla lavoratrice, poi non accolta dal giudice, il riconoscimento in via subordinata dell’ applicazione della disciplina della pubblica amministrazione di cui all’art. 36 D.Lgs. 165/2001, al fine di accertare la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni, e condannare l’ente al risarcimento del danno versando un'indennità pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.

Con la risposta n. 130/2024 l’ Agenzia delle Entrate ha ribadito dunque la regola generale che presidia la corretta tassazione degli indennizzi relativi alla perdita di redditi, in base alla quale la somma è soggetta a tassazione solo se destinata a compensare il mancato guadagno ( lucro cessante ) , ossia il reddito non conseguito, e no anche la diversa ipotesi in cui l’ indennizzo serve a risarcire le perdite economiche ( danno emergente ) , mancando in quest’ ultimo caso la funzione sostitutiva dei trattamenti retributivi. 

Al fine di pervenire alla corretta qualificazione giuridica delle somme corrisposte,  è stato precisato che deve essere cura dell'interessato provare concretamente l'esistenza e l'ammontare di tale danno in quanto «in assenza di tale prova torna applicabile il principio più volte affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui alla somma versata dal datore di lavoro in base ad una definizione transattiva della controversia, che tenga ferma la cessazione del rapporto, deve essere presuntivamente attribuita, al di là delle qualificazioni formalmente adottate dalle parti, la natura di ristoro della perdita di retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato, e quindi il risarcimento di un danno qualificabile come lucro cessante» (cfr. Cass. n. 360 del 2009 ed inoltre n. 14167 del 2003 e n. 4099 del 2000).

Ciò posto, l'articolo 39 del dlgs 15 giugno 2015, n. 81 prevede che nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l'utilizzatore, ai sensi dell'articolo 38, comma 2, trovano applicazione le disposizione dell'articolo 6 della legge n. 604 del 1966, e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore.

Nel caso in cui il giudice accolga la domanda, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro.

La determinazione dell'indennità in esame ai sensi e per effetto del citato articolo 39, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, per cui l'indennità risarcitoria corrisposta deve essere qualificabile quale risarcimento del danno consistente nella perdita di redditi di lavoro dipendente e come tale ha una valenza sostitutiva del reddito non conseguito ai sensi del citato articolo 6 del Tuir.

Posto che ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b, del Tuir, l'imposta si applica separatamente sugli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità, le somme corrisposte devono essere assoggettate a tassazione separata.

Fonte: Agenzia delle netrate