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Il regime previdenziale in materia di lavoro part-time a seguito delle novità introdotte dall’art. 2 bis della L. 91/ 2022


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1. L’evoluzione normativa

La disciplina del contratto part time, introdotta dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863, è stata oggetto, nel tempo, di plurime modifiche, in primis ad opera del D.lgs n. 61/2000 e, successivamente, dal D.L. n. 81/2015, che contiene, ad oggi, la disciplina normativa generale di riferimento.

In ordine, in particolare, alla valorizzazione nella posizione assicurativa dei periodi di lavoro svolti con contratto part-time di tipo verticale o ciclico, la disciplina previdenziale non ha inizialmente previsto in capo all’Inps un esplicito obbligo di riconoscere, per le gestioni private, l’accreditamento pieno delle settimane di contribuzione.

Ciò in ragione dell’applicazione della normativa di carattere generale in materia di cui all’articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni, secondo il quale: “Il numero dei contributi settimanali da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso dell'anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, per ogni anno solare successivo al 1983 è pari a quello delle settimane dell'anno stesso retribuite o riconosciute in base alle norme che disciplinano l'accreditamento figurativo […]”.

In particolare, in virtù di tale norma, il parametro di misurazione del valore temporale accreditabile nell’estratto conto previdenziale del lavoratore part-time verticale o ciclico è sempre stato identificato nella sola “settimana retribuita” seppur con il temperamento generato dal rinvio al rispetto del c.d. minimale contributivo ossia alla retribuzione minima oraria al di sotto della quale non è possibile calcolare i contributi previdenziali.

Diversamente, per i lavoratori del pubblico impiego, come previsto all’art. 12 del d.lgs. 81/2015, in applicazione della norma speciale contenuta al comma 2, art. 8, L. n. 554/1988, ai fini dell’anzianità contributiva, si è sempre riconosciuto l’accreditamento dell’intero anno indipendentemente dal periodo lavorato.

 

2. L’intervento della Legge di Bilancio 2021

A fronte delle posizioni assunte sul tema, non solo dal Legislatore comunitario ma anche dalla stessa giurisprudenza europea e nazionale, al fine di superare le evidenti discrepanze esistenti tra il lavoro part-time verticale o ciclico e le restanti forme di contratto part-time orizzontale, il Legislatore ha introdotto con l’art. 1, comma 350, della Legge di Bilancio 2021, delle nuove modalità di calcolo dell’anzianità contributiva, valorizzando per la prima volta ai fini pensionistici, anche il tempo non lavorato dal dipendente nella decorrenza del rapporto di lavoro.

A questa novità legislativa ha fatto seguito l’applicazione della regola secondo cui, ai fini del calcolo dell’anzianità contributiva possono essere valorizzate tutte le settimane di durata del rapporto di lavoro a tempo parziale, sempre a condizione che la retribuzione accreditata nel periodo annuale di riferimento sia pari all’importo minimale di retribuzione previsto per l’anno considerato.

In difetto di tale requisito, l’Inps deve ritenersi legittimata a riconoscere al dipendente unicamente un numero di contributi pari al rapporto fra l’imponibile retributivo annuo e il minimale settimanale pensionistico vigente nello stesso anno, sempre ai sensi e per gli effetti dell’articolo 7, comma 2, del citato decreto-legge n. 463/1983.

Come chiarito dallo stesso Inps, con la circolare n. 74 del 04.05.2021, il riconoscimento dei periodi, senza valenza in termini di imposizione contributiva ma utili esclusivamente ai fini della maturazione del requisito di anzianità rilevante ai fini della maturazione del diritto alla pensione, trova applicazione relativamente ai contratti di lavoro part-time di tipo verticale o ciclico in corso ovvero esauriti - in quest’ultimo caso a domanda dell’assicurato - e per l’intero periodo di durata degli stessi.

Con la medesima circolare, l’Istituto ha già fornito indicazioni a riguardo precisando, in relazione ai periodi lavorativi successivi all’entrata in vigore della legge (1° gennaio 2021), l’obbligo di compilazione del flusso UniEmens anche per i periodi in cui non viene prestata attività lavorativa in ragione dell’articolazione dell’orario concordata nel rapporto di lavoro a tempo parziale.

Con la circolare n. 4 del 05.01.2022, l’Istituto ha, altresì, fornito indicazioni operative in merito alla presentazione telematica delle domande dirette alla valorizzazione del tempo non lavorato nei rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale di tipo verticale o ciclico, ricompreso entro il 31 dicembre 2020.

 

3. L’istituzione del Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale

Di recente, ad integrazione delle predette previsioni, la Legge di Bilancio 2022 ed, in particolare, il comma 971 dell’art. 1 della L. 234/2021, ha istituito, a sostegno della categoria dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale, uno specifico fondo, denominato appunto «Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale», stanziando, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a favore della categoria, una dotazione di 30 milioni di euro per gli anni 2022 e 2023.

In attuazione e sulla base del richiamo della predetta previsione, l’art. 2 bis della L. 15 luglio 2022 n. 91, legge di conversione con modifiche del D.L. n. 50/2022 (cd. Decreto Aiuti) ha disciplinato le modalità di attuazione del fondo prevedendo per i lavoratori dipendenti di aziende private assunti con contratto a part-time ciclico verticale, l’attribuzione di un'indennità una tantum pari a 550 euro alla ricorrenza delle seguenti condizioni:
- che si tratti di lavoratori titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale in corso nell'anno 2021;
- che, nella decorrenza del medesimo rapporto, i predetti lavoratori non abbiano prestato attività per almeno un mese in via continuativa e complessivamente per un periodo contenuto tra le sette e le venti settimane;
- che, i medesimi non risultino titolari di altro rapporto di lavoro dipendente;
- che, non siano, percettori di NASpI;
- che, non siano già titolari di un trattamento pensionistico.

Tra i vantaggi della misura concorre anche il fatto che, l'indennità in questione è stata espressamente esclusa dal Legislatore ai fini della formazione del reddito ai sensi T.U. 917/1986 e, conseguentemente, anche ai fini del calcolo della base imponibile di carattere previdenziale.

In ogni caso, le modalità di erogazione della misura devono ancora essere chiarite dalle istruzioni operative dell'INPS che è stato espressamente individuato dal Legislatore anche come ente erogatore dell’indennità preposto anche al monitoraggio nell’erogazione della medesima.

A tal proposito deve evidenziarsi che a fronte di un limite di spesa complessivo di 30 milioni di euro, stanziato dalla Legge di conversione per l'anno 2022, la norma esclude espressamente ulteriori concessioni rispetto al predetto importo anche in caso di scostamenti rilevati in corso d’anno.

Ciò solleva inevitabili incertezze in ordine alla fruibilità dell’indennità de quo da parte di tutta la platea degli interessati, soprattutto qualora si tratti di lavoratori occupati per brevi periodi annui, fermo restando l’auspicio ribadito soprattutto in ambito sindacale che in avvenire ad interventi di carattere temporaneo, quale quello appena introdotto, siano preferite misure di carattere strutturale che assicurino un supporto stabile alla categoria.

Avv. Andrea Consolini - Fieldfisher