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Dopo il divieto di licenziamento, una proroga ex lege dei contratti a termine.


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In sede di conversione in legge del decreto legge n. 34/2020, cosiddetto “ Decreto Rilancio “, da parte della Camera dei Deputati è stato inserito, nell’art. 93 dedicato a “Disposizione in materia di proroga e rinnovo di contratti a termine”, un nuovo comma 1-bis di non facile interpretazione.

Il testo del comma è il seguente:

<<1-bis. Il termine dei contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.>>

Questa nuova disposizione pone una pluralità di questioni.

Innanzitutto, si pone la questione del coordinamento con il comma 1 del medesimo art. 93.

Questo comma, fino al 30 agosto 2020, attribuisce ai datori di lavoro la facoltà di rinnovare o prorogare i contratti a termine, in essere alla data del 23 febbraio 2020, anche se non ricorre una delle causali richieste dal “decreto Dignità” (d.l. n. 87/2018).

Ci si può, pertanto, interrogare su come si conciliano le due disposizioni, quella presente nell’art. 93 fin dall’inizio e quella ora inserita, stante che l’una, almeno fino al 30 agosto, fa riferimento ad una scelta volontaria del datore di lavoro (che si tratti di rinnovo oppure di proroga) e quella più recente sembra prescindere da tale volontà imponendo comunque la proroga una volta che si sia avuta la sospensione dell’attività lavorativa per riflesso della emergenza sanitaria da Covid-19.

La proroga disposta dalla legge può portare oltre il 30 agosto e, quindi, far venir meno la facoltà prevista dal comma 1 ( poco male - si potrebbe dire - alla luce dell’interpretazione del Ministero del lavoro, per la quale comunque la proroga o il rinnovo di cui al comma 1 dell’art. 93 non possono far durare il rapporto di lavoro a termine oltre il 30 agosto. Sennonché, è questa un’interpretazione che non appare suffragata dalla formulazione del comma 1. Se non la si accetta, deve riconoscersi che il comma 1-bis può far perdere la possibilità di modulare consensualmente la durata del rapporto di lavoro secondo le esigenze aziendali sulla base del comma 1).

Inoltre, come è da intendere la “sospensione dell’attività in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” ?

E’ richiesto che si tratti di una sospensione accompagnata dal ricorso agli ammortizzatori sociali Covid-19? E se c’è stata la riduzione e non la sospensione dell’orario di lavoro ?

Avendo presente che il testo approvato dalla Camera non è ancora definitivo, essendo passato all’esame del Senato, per ora ci si limita a queste considerazioni, non rinunciando ad osservare che la nuova disposizione è esposta ad ulteriori rilievi.

Obbligare le aziende a proseguire rapporti di lavoro oltre la data di scadenza, consensualmente e legittimamente prevista dalle parti del contratto di lavoro, costituisce un’ingerenza di notevole rilevanza, anche a prescindere dalla durata magari breve della protrazione del rapporto di lavoro.

Potrà capitare che la continuazione non volontaria del rapporto di lavoro oltre il termine concordato coincida con l’interesse di questa o quella impresa. Ma cosa pensare della nuova norma in tutti i casi cui le imprese non hanno bisogno della continuazione del rapporto di lavoro ?

A fronte di una serie di disposizioni legislative che nella fase di emergenza sono state concepite, a loro volta, come disposizioni temporanee, ci si può anche interrogare su quale sia la proiezione temporale del comma 1-bis per il quale, diversamente del comma 1, non viene previsto un espresso termine di scadenza.

Considerando il riferimento alla emergenza epidemiologica, vien fatto di ritenere che il comma 1-bis sia legato ai due elementi menzionati: da una parte, la sospensione dell’attività e, dall’altra, l’emergenza epidemiologica che porta alla sospensione.

Senonché, i due elementi non viaggiano insieme.

Allo stato, infatti, l’emergenza è stata dichiarata fino al 31 luglio, ma la cassa integrazione Covid-19 e connesse sospensioni possono operare fino al 31 ottobre.

Anche a questo riguardo, pertanto, emergono incertezze, che saranno da affrontare anche alla luce dell’annunciato prolungamento dello stato di emergenza oltre il 31 luglio 2020.

L’art. 1-bis, inoltre, non dà alcuna indicazione circa i riflessi della proroga disposta per via legislativa sulla complessiva disciplina dei contratti a termine: si computa nel numero massimo di proroghe consentite, si considera ai fini della durata massima dei rapporti a termine e del diritto di precedenza e di altri aspetti propri della disciplina generale dei contratti di lavoro a tempo determinato ?

Si ha modo di elaborare ragionevoli risposte a questi interrogativi, ma ciò non consente di negare l’appartenenza della nuova disposizione alla famiglia delle disposizioni che generano particolare incertezza.

Infine, va osservato che la nuova disposizione viene espressamente riferita anche ai contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (art. 43 d.lgs. n. 81/2015) e all’apprendistato di alta formazione e ricerca (art. 45 d.lgs. n. 81/2015) nonché al lavoro somministrato (tanto che la rubrica dell’art 93 diviene “Disposizioni in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine e di proroga di contratti di apprendistato”).

L’estensione del comma 1-bis all’apprendistato cd. di primo livello e all’apprendistato di alta formazione e ricerca porta ad una norma vicina a quella che già vale per l’apprendistato professionalizzante, secondo la quale in caso di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro con ricorso alla cassa integrazione “… il periodo di apprendistato è prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite” (art. 2, comma 3, d.lgs. n. 148/2018).

Si può sperare in miglioramenti da parte del Senato ? E’ difficile pensarlo: c’è l’intenzione di varare velocemente in via definitiva il decreto evitando un nuovo passaggio alla Camera.

AP