Stampa

Decreto rilancio e contratti a termine: normativa utile ma migliorabile


1.Per quali aziende vale l’esclusione delle causali ?

Il Decreto Rilancio - D.L. n. 34/2020 al momento all’esame del Parlamento ai fini della conversione - si occupa dei contratti di lavoro a tempo determinato nell’art. 93.

In tale articolo viene espressamente sottolineato che si procede in deroga a quanto è previsto dalla legge base che disciplina il contratto a termine e, in particolare, alla regola secondo cui il rinnovo in ogni caso e la proroga successiva ai primi dodici mesi non possono prescindere dalle causali così restrittivamente definite dall’art. 19 del d.lgs. n. 81/2015 (la deroga, in particolare, incide sull’art. 21 del medesimo decreto legislativo).

Considerato che fino al 30 agosto 2020 l’art. 93 legittima a rinnovare o prorogare il contratto anche in assenza delle causali richieste dal predetto art. 19, vien fatto subito di interrogarsi sulla portata di quanto ancora l’art. 93 afferma, indicando che la deroga alla regola generale è prevista “per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Questo significa che imprese, le quali non hanno cessato l’attività nemmeno nei periodi di più grave emergenza operando in settori essenziali, non possono fruire della deroga ?

Il dubbio è stato sollevato.

La complessiva formulazione dell’art. 93 fa comunque propendere per la tesi che la deroga sia di portata generale, incontrando il solo limite temporale del 30 agosto (oltre alla presenza alla data del 23 febbraio).

A parte la formulazione testuale, che fa pensare al processo generale di ripresa delle attività dopo il lockdown e non a singole situazioni aziendali, l’art. 93 fa riferimento a rinnovi e a proroghe e non a contratti a termine instaurati per la prima volta.

Non si vede, pertanto, un motivo per escludere che un’impresa, che durante il lockdown ha continuato l’attività avvalendosi anche di rapporti a termine, dopo non possa continuare avvalendosi degli stessi usufruendo della maggiore libertà riconosciuta dall’art. 93.

2. I contratti a termine in essere al 23 febbraio

Come si è accennato, l’art. 93 riferisce la deroga a contratti a termine ai “ contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020 “. 

Questo comporta che della deroga può fruirsi anche per rinnovi di contratti in essere a quella data e poi cessati per scadenza del termine e che, invece, della deroga relative a proroghe può fruirsi solo per contratti che, ugualmente in essere al 23 febbraio, sono andati aventi senza soluzione di continuità fino al momento della proroga.

L’affidarsi a date “spartiacque” è facilmente fonte di incongruenze se non di vere proprie disparità di trattamento.

In questo caso, stante la capacità e del rinnovo e della proroga di assicurare un ulteriore periodo di attività, gli effetti negativi del ricorso ad una data spartiacque appaiono mitigati (le proroghe, peraltro, incontrano un limite numerico e i rinnovi no: un contratto non prorogabile potrebbe risultare rinnovabile).

3. Cosa significa “ … è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato …” ? 

Anche a questo riguardo sono stati sollevati dei dubbi.

Nella brochure resa pubblica dal Ministero del lavoro, con lo scopo di illustrare le misure contenute del Decreto Rilancio, a proposito dell’intervento realizzato con l’art. 93, si trova scritto: “La durata di eventuali rapporti di lavoro a termine, prorogati o rinnovati in base a tale disposizione, non potrà eccedere la data del 30 agosto 2020”.

Ebbene, si tratta di una interpretazione che riduce di molto la portata pratica della nuova normativa: entrata in vigore il 19 maggio, assicurerebbe il parziale alleggerimento della disciplina dei contratti al massimo per tre mesi e qualche giorno.

La stessa interpretazione, inoltre, non sembra nemmeno in linea con la disposizione legislativa, che chiaramente dà a vedere di voler contenere nella data del 30 agosto 2020 solamente gli atti negoziali di rinnovo e di proroga e non gli effetti di tali atti.

Ritenere questo, peraltro, non comporta una incontrollabile dilatazione della durata del contratti che, in virtù dell’art. 93, sono rinnovabili o prorogabili senza la necessaria presenza di causali.

Restano, infatti, intatte le previsioni della legge base di regolazione del contratto a termine che, fra l’altro, fissano a 24 mesi la durata massima del singolo contratto e che limitano la durata complessiva in caso di successione di contratti.

4. E la somministrazione a termine ?

Il caso dell’assunzione a tempo determinato del lavoratore da parte di un’agenzia di lavoro non è considerato espressamente dall’art. 93.

La conclusione che la deroga in questione valga anche per il contratti a termine in somministrazione ha dalla sua il rinvio che la normativa generale opera, affermando che il rapporto di lavoro a termine fra somministratore e lavoratore è soggetta, con alcune eccezioni, alla disciplina sul rapporti a termine diretti (art. 34 d.lgs. n. 81/2015).

La ratio ispiratrice dell’art. 93, del resto, calza perfettamente anche alla somministrazione.

5. Non è da adeguare solo il periodo di applicazione della deroga

Dopo l’entrata in vigore del Decreto Rilancio, la discussione si è concentrata soprattutto sulla data del 30 agosto, con il suggerimento di molti di consentire la deroga fino fine anno.

Quanto osservato rende evidente che sono anche altri i punti che meritano chiarimenti o perfezionamenti, opportunamente da ispirare all’idea che il contratto termine può contribuire ad attenuare i problemi occupazionali che si paventano come riflesso della crisi.

Prof. Avv. Angelo Pandolfo Fieldfisher