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Codice delle pari opportunità: la nuova legge


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La Commissione lavoro del Senato ha approvato in sede deliberante la legge già deliberata dalla Camera dei Deputati, che apporta varie modifiche e integrazioni al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. 198/2006). 

Tale provvedimento, non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, deriva dall’unificazione di diverse proposte legislative, fra cui anche un disegno di legge di iniziativa del CNEL. 

Ecco le principali innovazioni introdotte: 

1)nella versione previgente era il Ministro del lavoro che presentava al Parlamento , almeno ogni due anni, una relazione contenente i risultati del monitoraggio sull’applicazione della legislazione in materia di pari opportunità

Ora, sulla base di una modifica apportata all’art. 20 del Codice, è la consigliera o il consigliere nazionale di parità che provvede a tale incombenza. 

In sede di prima applicazione, la relazione andrà presentata al Parlamento entro il 30 giugno 2022;

2)diverse modifiche vengono apportate all’art. 25, che nel Codice svolge un ruolo importante in quanto ha la funzione di specificare le fattispecie di ”Discriminazione diretta e indiretta”.

Al primo comma dell’articolo, tenendo ferma la nozione di discriminazione diretta come qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, viene evidenziata espressamente la discriminazione in ragione del sesso riguardante “le candidate e i candidati in fase di selezione del personale”

Al secondo comma, riguardante la discriminazione indiretta intesa come atto apparentemente neutro che tuttavia mette i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, viene ugualmente fatto espresso riferimento alla discriminazione dei “candidati in fase di selezione”. 

La nuova legge, inoltre, sostituisce integralmente il comma 2-bis dell’art. 25, con disposizioni più ampie di quelle precedenti. 

Mentre il testo superato faceva riferimento alla discriminazione legata “allo stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti”, ora il nuovo comma 2-bis più ampiamente stabilisce: “ Costituisce discriminazione …, ogni trattamento o modifica dell’organizzazione, delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni: a) posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori; b) limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali; c) limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera “;

3) il comma 46 del Codice coinvolgeva nell’obbligo del “rapporto sulla situazione del personale” le aziende pubbliche e private con oltre 100 dipendenti, ora l’obbligo viene ad interessare anche le aziende che occupano “fino a cinquanta dipendenti”

Una previsione del tutto nuova è quella del comma 1-bis aggiunto all’art. 46, secondo la quale le imprese fino a cinquanta dipendenti possono, su base volontaria, elaborare e presentare il rapporto. 

La nuova legge sostituisce i contenuti dei commi 2 e 3 dell’art. 46, dando fra l’altro rilievo al compito del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro delegato per le pari attività, di fornire le indicazioni per la redazione del rapporto, che deve in ogni caso indicare il numero dei lavoratori occupati di sesso femminile e di sesso maschile, l’andamento delle assunzioni sotto il profilo delle diversità di genere e altre informazioni quali le differenze tra retribuzioni iniziali di ciascun sesso, l’inquadramento, contrattuale, la distribuzione fra i lavoratori e le lavoratrici dei contratti a termine e a tempo parziale, informazioni e dati sui processi di selezione in fase di assunzione, sulle procedure di accesso alla qualificazione professionale e alla formazione manageriale, sulle misure di conciliazione dei tempi di vita e lavoro nonché sulle modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali dell’azienda in modo di essere in condizione di usufruire della tutela giudiziaria prevista dal Codice.  

Dalla nuova legge è anche rafforzato il profilo sanzionatorio. Fra l’altro, qualora l’inottemperanza all’obbligo di tramettere il rapporto si protragga oltre 12 mesi, è disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda: questo è quanto deriva da un perfezionamento apportato al comma 4 dell’art. 46. 

All’Ispettorato nazionale del lavoro è dato il compito di verificare la veridicità dei rapporti, venendo sanzionate la mendacia o l’incompletezza del rapporto con una sanzione amministrativa da pecuniaria da 1.000 a 5.000; 

4) il nuovo art. 46-bis istituisce, a partire dal 1° gennaio 2022, la “Certificazione della parità di genere”, al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dalle aziende per ridurre il divario di genere in relazione all’opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alla politiche di gestione delle differenze di genere, e alla tutela della maternità. 

Ad una decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro del lavoro, è rimessa la fissazione dei parametri minimi e delle modalità di acquisizione della certificazione nonché delle modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali; 

5) all’introduzione della Certificazione di parità viene accompagnata una “Premialità di parità” per l’anno 2022, consistente in un incentivo sotto forma di esonero contributivo determinato in una misura non superiore all’un per cento e nel limite massimo di 50.000 euro annui par ciascuna azienda determinato con decreto del Ministro del lavoro entro il 31 gennaio del 2022. 

Alle aziende in possesso del certificato di parità entro il 31 dicembre dell’anno precedente, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte delle autorità titolari di fondi europei, nazionali e regionali, delle proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti. 

Nei bandi di gara, le amministrazioni aggiudicatrici indicano i criteri premiali che intendono applicare nella valutazione delle offerte a favore delle aziende in possesso della Certificazione.