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Infortunio Covid-19 : L’ INAIL chiarisce i criteri per la definizione della presunzione semplice di contagio


A seguito di diverse richieste di chiarimento ricevute presso le proprie strutture territoriali, l’ INAIL fornisce indicazioni in merito a due aspetti della gestione dell’ infortunio covid-19. Questi riguardano da un lato i criteri per la definizione della presunzione semplice nelle infezioni da SARS-CoV-2 in “ occasione di lavoro “, dall’altro il disconoscimento dell’inabilità con riammissione al lavoro. 

Per quanto concerne la durata del periodo di inabilità temporanea assoluta ( ITA ), la Raccomandazione n. 5/2021 fornisce delle precisazioni ormai assodate da una consolidata prassi. Il suo inizio coincide necessariamente con il momento dell’astensione del lavoro e si conclude con due test molecolari negativi in assenza di sintomi. Per certificare l’inizio della malattia - infortunio non è richiesta documentazione specifica, essendo ritenuta utile anche la classica certificazione medica rilasciata dal medico di base in caso di malattia comune. Per quanto concerne invece il suo disconoscimento, al fine di evitare di riammettere a lavoro soggetti ancora non completamente guariti, viene sottolineato come “ guarigione clinica, stabilizzazione del quadro e prognosi medico-legale, non sempre coincidenti per le lesioni infortunistiche, “ dovranno risultare sovrapponibili per consentire la riammissione al lavoro. 

In ordine all’accertamento della possibile fonte di contagio, essa costituisce sotto il profilo medico-legale il primo momento dell’istruttoria. Per i lavoratori esposti ad alto rischio l’ Istituto previdenziale applica la presunzione semplice in assenza di prova contraria, vuoi anche per facilitare il riconoscimento senza introdurre alcuna automatismo. L’ INAIL, con la raccomandazione n. 8/2021, richiama i criteri a cui riferirsi nella fase di valutazione del rischio per individuare elementi di prova precisi gravi e concordanti che portino alla presunzione di contagio. Questi sono sommariamente riassunti in : 

  • Qualificazione del livello di rischio: tiene conto di dettagli del luogo e tempi di lavoro , analisi di compiti e mansioni , risultanze di eventuali indagini sull’adozione di misure di contenimento ;
  • Coincidenza tra il dato epidemiologico territoriale e picco epidemico ( tempi di incubazione ). Analogamente rileva il criterio epidemiologico aziendale relativo alla presenza di altri lavoratori contagiati;
  • Esistenza di prove contrarie ( lavoro effettivamente svolto in presenza nell’ambiente a rischio esposizione ; presenza di contagi familiari con valutazione del criterio cronologico e del periodo di latenza ; modalità di raggiungimento del luogo di lavoro che potrebbe non giustificare il contagio professionale ). 

Fonte: INAIL