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INL - Relazione annuale sulla convalida delle dimissioni : organizzazione del lavoro e mancanza di servizi tra le principali motivazioni


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Il comma 4 dell’articolo 55 del decreto legislativo 151/2001 stabilisce che “la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.” La legge n.92/2012 ha esteso il periodo fino ai tre anni della prole. Lo stesso vale per le risoluzioni consensuali che quindi devono essere convalidate dall’Ispettorato del lavoro. 

Sulla base dei dati raccolti l’ INL pubblica annualmente la " Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri ai sensi dell'art. 55 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n.151 “. con gli ultimi dati aggiornati al 2021.

La relazione analizza il fenomeno delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri nei primi anni di vita della prole in funzione del genere, delle classi di età dei genitori e del numero dei figli, della cittadinanza, delle condizioni professionali, dei settori economici, della dimensione aziendale e delle modalità di articolazione dell'orario di lavoro. 

Rinviando alla lettura del documento per ulteriori approfondimenti, concentriamo l’ interesse sui dati relativi alle motivazioni che hanno determinato l'allontanamento dal posto di lavoro dei neo-genitori.

Numero delle convalide - Dai dati INL relativi alle convalide per tipologia, emerge che nel corso del 2021 il numero delle convalide complessivamente adottate su tutto il territorio nazionale è stato pari a 52.436 di cui di queste : 

• 37.662 (il 71,8%) si riferiscono a donne;
• 14.774 (28,2%) a uomini.

Nel 94% delle convalide al femminile la tipologia di recesso sono le dimissioni volontarie ( 49.513 ), seguite con ampio distacco dalle dimissioni per giusta causa ( 1.796 il 3 per cento ) e le risoluzioni consensuali ( 1.127 il 2 per cento). 

Trova pertanto conferma anche in questa annualità l’ormai tradizionale squilibrio di genere, ma anche la costante graduale diminuzione del divario, fatto salvo il dato in controtendenza osservato nel 2020 ascrivibile alla particolare contingenza dell’anno della pandemia. 

Le motivazioni - La relazione conferma anche per il 2021 che la motivazione più frequente “è la difficoltà di conciliazione tra la condizione lavorativa e le esigenze di cura della prole, sia per ragioni legate alla disponibilità di servizi di cura che per ragioni di carattere organizzativo riferite al proprio contesto lavorativo. Sommando le due specifiche, questa motivazione incide sul totale per il 51% (31.519 casi, contro le 29.255 nel 2020, corrispondenti al 58% del totale).” 

Nel caso di difficoltà di conciliazione legate alla disponibilità di servizi, si tratta di 20.797 motivazioni, che rappresentano quasi il 33,6% del totale delle causali (19.064 nel 2020, pari al 38% circa del totale). Le sottovoci che compongono questa motivazione sono : 

  1. assenza di parenti di supporto – 15.530 indicazioni, pari ad una percentuale del 25% (13.733 nel 2020, pari a circa il 27%);
  2. elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (es. asilo nido o baby-sitter) – 4. 556, pari al 7% (4.269 nel 2020, corrispondente all’8%);
  3. mancato accoglimento al nido – 711, pari all’1% (1.062 nel 2020, pari al 2%).

Nel caso di difficoltà di conciliazione dovute all’ organizzazione del lavoro, si registrano 10.722 casi che rappresentano oltre il 17 % del totale delle motivazioni indicate (10.191 nel 2020, corrispondenti al 20% del totale). Le sottovoci che compongono questa motivazione sono: 

  1. condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente conciliabili con le esigenze di cura della prole in 5.981 casi, corrispondenti a quasi il 10% del totale (6.024 nel 2020, pari al 12%);
  2. distanza dal luogo di lavoro, pari a 2.393 – pari a quasi il 4% (2.104, poco più del 4% nel 2020) o cambiamento della sede di lavoro, pari a 246 – pari allo 0,4% (268, 0,5% nell’anno precedente);
  3. ragioni concernenti l’orario di lavoro, pari a 1.942 e a oltre il 3% (come nel 2020 quando erano 1.665), di cui 1.169 per mancata modifica degli orari lavorativi (958 nel 2020) e 773 per mancata concessione del part time (707 nel precedente anno);
  4. modifica delle mansioni svolte, pari a 160, corrispondente a circa il 2% (130 – 0,3% nel 2020).

In conclusione, come rilevato dallo stesso Ispettorato, balza nuovamente all’occhio la profonda differenza di genere nel dato relativo alle motivazioni : la causale del recesso individuata nella difficoltà di esercizio della genitorialità in maniera compatibile con la propria occupazione è quasi esclusivamente femminile. 

Fonte: INL