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Codice della crisi: Liquidazione giudiziale e rapporti di lavoro


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Un problema classico della legislazione sulla crisi d’impresa ha riguardato, da sempre, gli effetti della dichiarazione di fallimento e della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro già in essere.

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Problema rispetto al quale è consolidata la tesi che chiama in campo l’art. 72 della (ancora) vigente legge fallimentare, articolo intitolato a ”Rapporti pendenti” e, a sua volta, collocato nell’ambito della Sezione di tale legge intitolata a “Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti”. Il nuovo “Codice della crisi” (d.lgs. n. 14/2019), che in gran parte e anche in quella che qui interessa entrerà in vigore da agosto 2020, supera la procedura fallimentare ed introduce la procedura di liquidazione giudiziale.

E’ naturale, pertanto, interrogarsi su come si provvede a disciplinare la relazione fra liquidazione giudiziale e destino dei rapporti di lavoro già facenti capo all’impresa interessata dalla liquidazione.

 

2. L’art. 189 del “Codice”: una fonte che affronta espressamente la questione dei riflessi sui rapporti di lavoro subordinato

All’interno della Sezione intitolata a “Degli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti giuridici pendenti”, il nuovo “Codice” colloca una ampia normativa che, direttamente, si occupa dei riflessi sui “Rapporti di lavoro subordinato”. Emerge, così, un evidente cambiamento per quanto riguarda le fonti di regolazione.

Tuttora, infatti, fra i contratti preesistenti considerati espressamente dalla legge fallimentare, al fine di stabilirne la sorte in caso di sopravvenienza del fallimento, non compare il contratto di lavoro e il punto di riferimento legislativo rimane il predetto art. 72, genericamente dedicato ai “Rapporti pendenti”. Un assetto legislativo, questo, che ha lasciato particolare spazio all’elaborazione giurisprudenziale. 

Al contrario, quando entrerà in vigore la nuova disciplina recata dal “Codice”, all’interno della già citata Sezione intitolata a “Degli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti giuridici pendenti”, si potrà disporre di una specifica disciplina, racchiusa in particolare nell’art. 189. Articolo, a sua volta, significativamente intitolato a “Rapporti di lavoro subordinato” e dedicato proprio a precisare gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro pendenti.

 

3.L’art. 189 del “Codice” e il comma 1: la sospensione dei rapporti di lavoro; il subentro; il recesso.

La disposizione iniziale dell’art. 189 conferma quanto previsto dall’articolo 2119 c.c., di cui peraltro lo stesso “Codice” stabilisce una modifica: quando la nuova normativa entrerà in vigore, uscita di scena la procedure fallimentare, l’art. 2119 c.c. preciserà che l’apertura della liquidazione giudiziale non costituisce, di per sé, motivo di licenziamento

Con riferimento al profilo della sospensione del rapporto dei rapporti di lavoro in essere, l’art. 189 non è particolarmente innovativo: difatti, fa propria la soluzione già accolta dalla giurisprudenza in caso di fallimento, stabilendo la sospensione dei rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa della liquidazione.

Dunque, quanto, a proposito del fallimento, si è tradizionalmente ricavato dall’articolo 72 della legge fallimentare viene ora previsto espressamente dal “Codice” a proposito della liquidazione giudiziale.

Nella nuova normativa è anche espressamente stabilito che la sospensione opera fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, comunica ai lavoratori di subentrare nei rapporti di lavoro assumendone i relativi obblighi o, in alternativa, comunica il recesso ponendo fine a detti rapporti.

 

4.L’art. 189 del “Codice” e il comma 2: la collocazione dei crediti dei lavoratori nella massa passiva; l’informazione dell’Ispettorato del lavoro.

Il comma 2 dell’art. 189, con una disposizione che si riflette principalmente sulla collocazione dei crediti dei lavoratori fra gli altri gravanti sulla liquidazione, stabilisce che l’eventuale recesso disposto dal curatore produce i suoi effetti dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.

Ciò comporta che i crediti dei lavoratori vengono a rientrare nella massa passiva da soddisfare secondi i gradi di privilegio fissati dall’articolo 2751-bis c.c.

Diverso è, invece, il regime che trova applicazione nel caso in cui il curatore decida di subentrare nei rapporti di lavoro, nel qual caso gli effetti del subentro decorrono dalla comunicazione ai lavoratori effettuata a stregua di quanto previsto dal precedente comma 1. L’art. 189, comma 2, obbliga, altresì, il curatore, entro 30 giorni dalla nomina, a trasmettere all’Ispettorato territoriale del lavoro l’elenco dei dipendenti dell’impresa in forza al momento dell’apertura della liquidazione (su istanza del curatore il termine può essere prorogato dal giudice delegato di ulteriori 30 giorni quando l’impresa occupa più di 50 dipendenti). Comunicazione anch’essa di notevole rilievo, in virtù di quanto le successive disposizioni vi collegano.

 

5.L’art. 189 del “Codice” e il comma 3: presupposti e forma del recesso disposto da parte del curatore.

Il comma 3 è volto ad orientare l’attività del curatore riguardo al recesso.

“Qualora non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo o comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti l’assetto dell’organizzazione del lavoro”, il curatore è tenuto a comunicare senza indugio il recesso dai rapporti di lavoro subordinato. Il medesimo comma 3 considera l’eventuale inerzia del curatore: decorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro subordinato, che non siano già cessati, si intendono risolti di diritto con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, salvo quanto previsto dai successivi commi 4 e 6.

 

6.L’art. 189 del “Codice” e il comma 4: la possibilità di ripresa o di trasferimento a terzi. 

Diversa è, ovviamente, la disciplina nel caso in cui emergano prospettive di ripresa dell’attività aziendale ovvero di trasferimento a terzi dell’azienda, valutazione che il comma 4 demanda al curatore ovvero al Direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro (informato dal Curatore conformemente a quanto previsto dal comma 2).

Ove intravedano la possibilità della ripresa o del trasferimento, il Curatore o il Direttore, con istanza da depositarsi presso la cancelleria del tribunale a pena di inammissibilità almeno 15 giorni prima della scadenza del termine di cui al comma tre (quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale), possono chiedere, con istanza al giudice delegato, una proroga del medesimo termine.

Qualora il curatore non proceda al subentro dei rapporti di lavoro ovvero all’intimazione del licenziamento entro il termine prorogato dal giudice delegato, i rapporti si intendono risolti di diritto con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.

In casi del genere, sorge a favore dei lavoratori il diritto a ottenere un’indennità, da non assoggettare a contribuzione previdenziale, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio e di misura comunque non inferiore a due e non superiore a 12 mensilità. Indennità ammessa al passivo come credito successivo all’apertura della liquidazione giudiziale.

Comportando questa conseguenza, è verosimile che il Curatore e il Direttore dell’Ispettorato saranno particolarmente cauti, richiedendo la proroga solo ove le prospettive di persecuzione o trasferimento siano davvero concrete.

Analoga istanza di proroga può essere avanzata, personalmente o a mezzo di difensore munito di procura, anche dai singoli lavoratori. A seguito della richiesta di proroga, il Giudice delegato assegna al Curatore un termine di durata non superiore a 8 mesi per decidere il subentro ovvero il recesso.

 

7.L’art. 189 del “Codice” e il comma 5: le dimissioni per giusta causa; il ticket licenziamento.

Il comma 5 considera l’ipotesi delle dimissioni, prevedendo che, “ trascorsi quattro mesi dall’apertura della liquidazione giudiziale, le eventuali dimissioni si tendono rassegnate per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile con effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale”.

In virtù di tale previsione, l’indennità sostitutiva del preavviso, spettante al lavoratore nella misura determinata dal contratto collettivo, viene a configurarsi come credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale e, quindi, come credito privilegiato ai sensi dell’art. 2751-bis e non come credito prededucibile.

 

8.L’art. 189 del “Codice” e i commi 6 e 7: il licenziamento collettivo disposto dal Curatore; l’esclusione per l’amministrazione straordinaria.

Come abbiamo visto, fin dall’inizio l’art. 189 considera il recesso dai rapporti di lavoro come una delle possibile scelte offerte al Curatore.

Il comma 6 si preoccupa di regolare l’ipotesi del recesso che abbia le caratteristiche del “… licenziamento collettivo secondo le previsioni di cui agli articoli 4, comma 1, e 24, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223 …”, confermando che sono quelle richiamate le fonti destinate a regolarlo.

Al riguardo, inoltre, lo stesso comma 6 detta delle specifiche disposizioni in deroga quanto previsto all’articolo 4, commi da 2 a 8, della l. n. 223, dalle quali peraltro non si discosta radicalmente. A sua volta, il comma 7 precisa che le disposizioni del comma 6 non si applicano nelle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

 

9.L’art. 189 del “Codice” e il comma 8: l’indennità di preavviso; il ticket licenziamento.

A sua volta, il comma 8, considerando le ipotesi del recesso del curatore, conferma che al lavoratore con rapporto di lavoro a tempo indeterminato spetta l’indennità di mancato preavviso. Tale indennità viene espressamente considerata quale credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale, al pari del trattamento di fine rapporto.

Secondo l’ultimo periodo del comma 8, in tutti i casi di cessazione del rapporti di lavoro previsti dall’art. 189, è dovuto il contributo previsto all’articolo 2, comma 31 della legge n. 92/2012 (il cosiddetto ticket di licenziamento, pari, per l’anno 2019, a 500,79 euro per ogni anno di lavoro, fino ad un massimo di 3 anni e, quindi, di importo massimo pari a 1502,79 euro per rapporti di lavoro di durata 36 mesi o più. In caso di licenziamento collettivo, l’importo del ticket è di 989,36 euro e di 2968,09 euro su base triennale (da moltiplicare per 3 ove non sia raggiunto un accordo sindacale sulla riduzione del personale).

Anche per questo contributo, viene affermata la regola secondo cui il relativo credito, che fa capo all’Inps, è da considerare come un credito anteriore all’apertura della procedura di liquidazione.

 

10. L’art. 189 del “Codice” e il comma 9: il proseguimento dei rapporti di lavoro nell’esercizio provvisorio.

L’ultimo comma dell’articolo 189 tratta dell’ipotesi in cui sia stato disposto l’esercizio provvisorio, a sua volta disciplinato dall’articolo 211. In tal caso, i rapporti di lavoro subordinato già pendenti proseguono regolarmente, salvo che il curatore non intenda sospenderli o esercitare il recesso secondo la legislazione lavoristica vigente.

Prof. Avv. Angelo Pandolfo Fieldfisher