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Cassazione: rendita INAIL riconosciuta per infortunio in itinere va detratta dal risarcimento richiesto al terzo responsabile del sinistro


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Con la sentenza n. 12566 del 22.05.2018, la Cassazione, a Sezioni Unite, afferma che l’importo della rendita per inabilità permanente erogata dall’INAIL a seguito di infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto al danneggiato, allo stesso titolo, da parte del terzo responsabile del fatto illecito.

Il fatto affrontato

Il prestatore viene coinvolto in un grave incidente stradale mentre si stava recando al lavoro, riportando delle gravissime lesioni tali da provocargli un’invalidità permanente del 40%.
In conseguenza di ciò cita in giudizio il responsabile del sinistro, ottenendo dal Tribunale la liquidazione di una somma a titolo di risarcimento del danno.
Tale pronuncia viene, però, impugnata sul presupposto che il giudice di primo grado non aveva detratto dall'importo spettante alla vittima il valore della rendita che l'INAIL gli aveva corrisposto a titolo di invalidità permanente causata dall'incidente stradale, qualificato come infortunio in itinere.
Avverso la sentenza d’appello, che aderisce alla suddetta tesi, ricorre per cassazione il lavoratore.

La sentenza

La Sezione semplice della Corte rimette all’esame delle Sezioni Unite la seguente questione: “se dall'ammontare del danno risarcibile si debba scomputare la rendita per l'inabilità permanente riconosciuta dall'INAIL a seguito di infortunio occorso al lavoratore durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”.

Le Sezioni Unite sostengono che il cumulo dei benefici comporterebbe un arricchimento del danneggiato incompatibile con la natura meramente reintegratoria della responsabilità civile.
Il risarcimento, infatti, non può creare in favore del soggetto leso una situazione migliore di quella in cui lo stesso si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, mediante l’immissione nel suo patrimonio di un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dall’illecito.

A giudizio della Corte, quindi, il risarcimento deve coprire tutto il danno cagionato, ma non può oltrepassarlo, non potendo appunto costituire fonte di arricchimento del danneggiato.

Dal momento che la rendita corrisposta dall'INAIL soddisfa la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo, autore del fatto illecito, al quale sia addebitabile l'infortunio in itinere subito dal lavoratore, in caso di mancata detrazione, secondo la sentenza, il danneggiato verrebbe a conseguire un importo maggiore di quello a cui ha diritto.

Per le Sezioni Unite, pertanto, il ricorso del lavoratore deve essere respinto, in applicazione del principio di diritto secondo cui “l'importo della rendita per l'inabilità permanente corrisposta dall'Inail per l'infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall'ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito”.

A cura di Fieldfisher