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Corte di Giustizia Europea: le pensioni dei dipendenti pubblici italiani residenti all’estero devono essere tassate in Italia


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Con la sentenza emessa, il 30.04.2020, nelle cause riunite C‑168/19 e C‑169/19, la Corte di Giustizia UE afferma che gli Stati membri sono liberi, nel quadro delle convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni, di stabilire liberamente i criteri di ripartizione tra loro della competenza tributaria, senza che ciò costituisca una discriminazione vietata.

Il fatto affrontato

Due cittadini italiani, ex impiegati del settore pubblico ed attualmente fruitori di una pensione corrisposta dall’INPS, dopo aver trasferito la loro residenza in Portogallo, chiedono all’Istituto previdenziale di ricevere, in applicazione degli artt. 18 e 19 della convenzione italo-portoghese, l’importo lordo delle loro pensioni, senza il prelievo alla fonte dell’imposta da parte della Repubblica italiana.
L’INPS respinge tali domande, ritenendo che, in forza dell’art. 19 della predetta convenzione, a differenza dei pensionati italiani del settore privato, gli impiegati pubblici devono essere soggetti ad imposizione unicamente in Italia.
Avverso detta decisione, i due pensionati ricorrono giudizialmente.
La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia - investita della questione - mediante un rinvio pregiudiziale, chiede alla CGUE se sia conforme agli artt. 18 e 21 del TFUE la normativa di uno Stato membro che prevede che i redditi acquisiti all’interno del proprio territorio siano ivi soggetti ad imposta, senza che i titolari di detti redditi possano godere delle agevolazioni fiscali offerte dal diverso Stato membro in cui risiedono.

La sentenza

La Corte di Giustizia rileva, preliminarmente, che le convenzioni per evitare le doppie imposizioni concluse tra gli Stati membri dell’Unione devono essere compatibili con il principio della parità di trattamento e, in generale, con le libertà di circolazione garantite dal diritto primario dell’UE.
Nel rispetto di tali principi, gli Stati membri, nell’ambito delle convenzioni bilaterali tendenti ad evitare le doppie imposizioni, sono liberi di stabilire i fattori di collegamento ai fini della ripartizione tra di loro della competenza tributaria.

Per i Giudici, dette convenzioni non hanno, quindi, lo scopo di garantire che l’imposta applicata in uno Stato non sia superiore a quella di un altro Stato ed i Paesi contraenti possono, dunque, ripartire liberamente la competenza tributaria sulla base di criteri quali la nazione erogatrice dei redditi o la cittadinanza dei percettori degli stessi.

Su tali presupposti, la CGUE afferma che non risulta contraria al diritto UE e non integra una discriminazione vietata la libera ripartizione del potere impositivo tra due Stati membri, anche se la stessa comporta la non applicazione di un regime tributario più favorevole.

A cura di Fieldfisher