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Politiche attive e cassa integrazione , verso la condizionalità per gestire gli esuberi


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Finalmente sinergie fra politiche attive e politiche passive? - L’importanza del “capitale umano” nella realizzazione delle grandi trasformazioni a cui le imprese sono chiamate è comunemente sottolineata. 

Diverse sono le iniziative legislative mosse dall’intento di agevolare il miglioramento di questa essenziale risorsa. 

Fra queste hanno un sicuro interesse alcuni passaggi del disegno di legge di bilancio 2022.

Un tema spesso evocato e da tempo oggetto anche di misure legislative è quello che attiene al rapporto fra le cosiddette politiche passive e le politiche attive.

Fin qui, attenzione per il tema e vari tentativi legislativi non hanno, in concreto, assicurato grandi risultati.

Ora, in concomitanza con la “riforma” degli ammortizzatori sociali affidata alla prossima legge di bilancio, si registra un nuovo tentativo, incentrato in primo luogo su di un articolo che si prevede di aggiungere al d.lgs. 148/2015 destinato, a sua volta, a restare la legge base di regolazione delle tutele in costanza di rapporto di lavoro con le non poche modifiche ed integrazioni apportate per l’appunto dalla legge di bilancio in fase di approvazione.

“Condizionalità” e integrazioni salariali - Il tema non è affatto sconosciuto alla legislazione vigente, come conferma il tuttora vigente (sia pure ancora per poco) art. 22 del d.lgs. n. 150/2015 che, nell’ambito di una disciplina dedicata alle politiche attive, condiziona la fruizione delle integrazioni salariali alla disponibilità a partecipare attivamente ad attività finalizzate alla rioccupazione. Il tema non è affatto sconosciuto alla legislazione vigente, come conferma il tuttora vigente (sia pure ancora per poco) art. 22 del d.lgs. n. 150/2015 che, nell’ambito di una disciplina dedicata alle politiche attive, condiziona la fruizione delle integrazioni salariali alla disponibilità a partecipare attivamente ad attività finalizzate alla rioccupazione. 

L’art. 65 del disegno di legge prefigura una nuova disciplina al riguardo, collocando direttamente un nuovo art. 25-ter all’interno del decreto n.148/2015. 

I contenuti di tale nuovo articolo possono così riassumersi: 

a)i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali, allo scopo di mantenere o sviluppare le competenze in vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa ed in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio, sono tenuti a partecipare a iniziative di carattere formativo di riqualificazione, anche mediante i fondi interprofessionali;

b)l’ingiustificata partecipazione alla predette attività comporta la decurtazione e, nei casi più gravi, la perdita del sostegno economico rappresentato dalle integrazioni sanzioni.

L’accordo di transizione occupazionale e le misure volte a dare effettività alla leva formativa - Le disposizioni sulla condizionalità, in assoluta non nuove, si combinano con altre del disegno di legge che introducono la figura del “Accordo di transizione occupazionale” integrando il d.lgs. n. 148/2015 con un nuovo art.22-ter intitolato proprio a tale accordo.

L’accordo in questione, con riferimento ai lavoratori a “rischio esubero”, viene pensato per “sostenere le transizioni occupazionali all’esito dell‘intervento straordinario di integrazione salariale “ per la causali della riorganizzazione e della crisi aziendale e si configura come un accordo sindacale, perfezionato nella fase di consultazione sindacale che accompagna il ricorso alle integrazioni salariali, in cui sono definite “le azioni finalizzate alla rioccupazione o all’autoimpiego, quali la formazione e riqualificazione professionale anche ricorrendo ai fondi professionali”.

Il perfezionamento dell’accordo è incentivato prevedendo che lo stesso può dare ingresso ad un ulteriore ed aggiuntivo periodo di integrazione salariale straordinaria, per un massimo di 12 mesi non prorogabili. 

L’accesso al Programma GOL e i fondi interprofessionali -  Per dare concretezza all’uso della leva formativa, considerata di particolare importanza, risultano predisposte diverse misure. 

Innanzitutto, i lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie sono ammessi al Programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori GOL, recentemente oggetto di intesa fra Stato, Regioni e Province autonome, che delinea pacchetti di misure di politiche attive fra cui la formazione e che, fra l’altro, prevede un percorso di “rioccupazione collettiva” con riferimento ai casi in cui la crisi dell’azienda mette in discussione la continuità dell’occupazione dell’insieme dei lavoratori occupati. 

La chiamata in campo dei fondi interprofessionali è sostenuta con l’integrazione della legge che ne previde l’istituzione (l. n. 388/2000): ora viene affermato espressamente che i “fondi possono altresì finanziare in tutto o in parte piani formativi aziendali di incremento delle competenze dei lavoratori destinatari di trattamenti di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro …” e, per i casi in cui questo accada effettivamente, viene predisposto un meccanismo di incremento delle risorse dagli stessi disponibili. 

Misure impegnative - La portata innovativa delle misure illustrate è legata, in particolare, alla sollecitazione ad operare d’anticipo. 

Viene, infatti, chiesto, da una parte, di riconoscere che l’andare in cassa integrazione può accompagnarsi, per stare alle parole della nuova legge, al “rischio esubero” e, dall’altra, di trarne tutte le conseguenze sulla base di due essenziali condizioni: disponibilità dei lavoratori ad impegnarsi da subito in attività finalizzate alla ricollocazione in altre aziende; capacità di tutti i soggetti competenti, pubblici e anche privati, ad assecondare tale disponibilità con servizi ed iniziative davvero all’altezza.

Una sfida, dunque, impegnativa, che richiede ai vari attori cambiamenti notevoli, anche di carattere culturale.