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Corte di Giustizia Europea: il diverso trattamento fiscale dell’indennità per disabilità è lesivo della libera circolazione dei lavoratori


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Con la sentenza emessa, il 24.10.2019, nella causa C-35/19, la Corte di Giustizia UE afferma che “l’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro … che, senza prevedere alcuna giustificazione al riguardo, dispone che l’esenzione fiscale applicabile alle indennità per disabilità sia subordinata alla condizione che dette indennità siano erogate da un organismo dello Stato membro interessato ed esclude, dunque, dal beneficio di tale esenzione le indennità della stessa natura erogate da un altro Stato membro, ancorché il beneficiario di dette indennità risieda nello Stato membro interessato”.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, dipendente di una società in Olanda, a seguito di un incidente automobilistico diviene inabile al lavoro.
In forza di ciò, il governo olandese le riconosce un’indennità per disabilità.
A seguito di un controllo fiscale in Belgio – suo paese di residenza – alla medesima viene imposto di pagare le tasse sulla predetta somma.
Il Tribunale di primo grado di Liegi – investito della questione – chiede alla CGUE, mediante un rinvio pregiudiziale, la compatibilità con la normativa europea della legge belga, che determina una discriminazione tra contribuenti, esentando da imposta solo le prestazioni per persone con disabilità erogate dal Tesoro del Belgio e sottoponendo a tassazione le medesime prestazioni erogate da altri Stati.

La sentenza

La Corte di Giustizia rileva, preliminarmente, che tutti i cittadini dell’Unione, indipendentemente dalla loro nazionalità, che abbiano usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori ed abbiano esercitato un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di residenza, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 45 TFUE.

Secondo i Giudici, una misura idonea ad ostacolare la libera circolazione dei lavoratori sancita dall’art. 45 TFUE può essere ammessa solo qualora persegua uno scopo legittimo compatibile con il Trattato e sia giustificata da motivi imperativi d’interesse generale.
Ulteriormente, per la sentenza, una misura del genere deve essere idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo così perseguito, senza eccedere quanto è necessario per la realizzazione dello scopo.

Per la CGUE, nel caso in esame non c’è alcuna giustificazione in tal senso, dal momento che la normativa belga stabilisce una differenza di trattamento tra i residenti in Belgio basata unicamente sull’origine del loro reddito, che può ostacolare l’esercizio, da parte di questi ultimi, del loro diritto alla libera circolazione nei vari Stati membri.

A cura di Fieldfisher