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Corte di Giustizia Europea: gli assegni familiari sono dovuti allo straniero anche se i parenti risiedono all’estero


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Con la sentenza emessa, il 25.11.2020, nella causa C-302/19, la Corte di Giustizia afferma che è contraria al diritto dell’Unione Europea la normativa italiana che non riconosce gli assegni familiari ad uno straniero presente in Italia se il coniuge ed i figli non risiedono nel nostro Paese.

Il fatto affrontato

Un cittadino dello Sri Lanka titolare, dal 09.12.2011, di un permesso di soggiorno in Italia per lavoro subordinato e, dal 28.12.2015, di un permesso unico di lavoro ai sensi del D.Lgs. 40/2014, ricorre giudizialmente avverso la reiezione della domanda per l’ottenimento dell’assegno per il nucleo familiare relativamente ai periodi in cui sua moglie e i suoi due bambini risiedevano nel loro Paese d’origine.
La Corte di Cassazione, investita della questione, mediante un rinvio pregiudiziale chiede alla CGUE se debba considerarsi contrario al diritto UE l’art. 2, comma 6-bis, della L. 153/1998 (di conversione del D.L. 69/1988) – posto alla base della contestata decisione dell’INPS – che esclude dal nucleo familiare dello straniero i componenti che non risiedono in Italia, salvo che lo Stato di origine del titolare del permesso di soggiorno preveda un trattamento di reciprocità per gli italiani ovvero sia stata stipulata una convenzione internazionale tra i due Paesi in materia di trattamenti di famiglia.

La sentenza

La Corte di Giustizia afferma, preliminarmente, che il diritto dell’UE non limita la facoltà degli Stati membri di organizzare i loro regimi di sicurezza sociale, in ordine alle condizioni per la concessione delle prestazioni, all’importo delle stesse ed al periodo di riconoscimento.
Tuttavia, nell’esercitare tale facoltà, gli Stati membri devono conformarsi alle normative comunitarie.

Secondo i Giudici, ciò significa che – ai sensi di quanto previsto dalla Direttiva 2011/98 – in materia di sicurezza sociale, gli Stati membri devono far beneficiare della parità di trattamento i cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi a fini lavorativi.

Per la sentenza, dunque, tanto l’omesso versamento dell’assegno per il nucleo familiare quanto la riduzione dell’importo dello stesso - a seconda che tutti i familiari o alcuni di essi non risiedano nel territorio della Repubblica italiana - risultano contrari al diritto alla parità di trattamento. Integrando, in particolare, una disparità tra i titolari di permesso unico ed i cittadini italiani che non può essere giustificata dal fatto che detti soggetti si troverebbero in situazioni differenti in ragione dei loro rispettivi legami con l’Italia.

Su tali presupposti la CGUE dichiara, dunque, che "è contraria al diritto dell'Unione la normativa italiana che rifiuta o riduce una prestazione di sicurezza sociale al cittadino extra Ue, titolare di un permesso unico o soggiornante di lungo periodo, per il fatto che i suoi familiari risiedono in un Paese terzo, mentre la stessa prestazione è accordata ai cittadini italiani indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari risiedono".

A cura di Fieldfisher