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Grandi dimissioni , segno di rinnovate esigenze per le imprese.


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Il primo dato che emerge con forza dal XXII Rapporto Annuale INPS, rileva un grande ottimismo: il tasso di occupazione italiano è al 61%, un massimo storico. In un mercato del lavoro segnato negli ultimi tempi da emergenze sanitarie prima, e guerra in Ucraina poi, si tratta di un risultato non scontato. Permangono però alcune criticità come il progressivo invecchiamento della popolazione , il drastico calo del lavoro autonomo ,in favore del lavoro dipendente maggiormente tutelato, e il persistere del divario territoriale tra Nord e Sud.

Ma un elemento che merita di essere approfondito è quello delle cessazioni. Con i dati raccolti in occasione del Rapporto annuale, l’ INPS sfata il mito della Great Resignation. 

Il dibattito sulle “ grandi dimissioni “ trae origine negli Stati Uniti all’ indomani della diffusione dei dati forniti dal US Bureau of Labor Statistics riguardanti l’ andamento del mercato del lavoro americano. Il dipartimento aveva evidenziato come, alla fine del mese di marzo 2022, nel mercato del lavoro statunitense vi fossero 11 milioni e 500 mila posizioni vacanti a fronte di un picco di dimissioni pari a 4 milioni e 500 mila, corrispondente al 3 per cento della forza lavoro complessiva, a fronte del 2,6 per cento del pre-pandemia. 

Di grandi dimissioni si è parlato sin da subito anche in Europa e qui in Italia, dove il ricorso al lavoro da remoto e smart working ha accompagnato le riflessioni su nuove possibili modalità di impiego. Secondo una prima interpretazione, questi elementi avrebbero portato le persone a riflettere sul proprio ruolo e carriera professionale, in vista di una maggiore valorizzazione della conciliazione tra vita e lavoro, a tal punto da prendere in considerazione la possibilità di abbandonare il lavoro se non conciliabile con il tempo libero. 

I DATI INPS : 

Secondo l’ INPS l’evidenza numerica del fenomeno c’è, e già i primi numeri diffusi tra il 2021 e l’inizio del 2022 davano atto di un aumento delle dimissioni pari a 1,074 milioni nel 2021 e 1,184 milioni nel 2022, vale a dire un aumento rispettivamente del 14% e del 26% rispetto al 2019, particolarmente significativo nelle imprese con più di 15 dipendenti dove si è registrato un aumento dal 19 per cento al 36 per cento sul 2019. 

Ma i dati – suggerisce la stessa INPS – vanno letti e interpretati all’ interno di un quadro di assieme che vede un aumento dei contratti a tempo indeterminato, il tasso di occupazione raggiungere i massimi storici, con un aumento complessivo del numero di assunzioni. 

In questo quadro, l’analisi sui tassi di rioccupazione a tre mesi dalle dimissioni volontarie, limitata ai soli lavoratori dipendenti a tempo indeterminato di età inferiore a 60 anni, rivela che coloro i quali hanno trovato una nuovo impiego sono stati il 63,2 % nel 2019 ; al 65,5 per cento nel 2021 e al 66,9% nel 2022. Le stime, se pur rese per difetto in quanto non tengono conto di coloro che trovano una nuova occupazione oltre il trimestre, o dell’eventuale passaggio al lavoro autonomo, avvalorano la lettura di chi sostiene che più di una Great Resignation bisognerebbe parlare di Great Reshuffle ( Grande rimpasto ), ossia di transizioni occupazionali di lavoratori alla ricerca di migliori condizioni d’impiego e non solo di carattere economico. 

NUOVE PRIORITA’ PER LE IMPRESE : 

In un futuro prossimo, le aziende potrebbero incontrare una sempre crescente difficoltà nel reperire il personale qualificato ed esperto per via dell’aumento della competitività, soprattutto in un mercato del lavoro come quello italiano caratterizzato da un’ invecchiamento della popolazione in età lavorativa e da un crescente mismatch tra domanda e offerta di lavoro. 

In quest’ottica l’esigenza delle imprese di definire strategie di valorizzazione delle risorse attraverso un ‘adeguata cultura aziendale , flessibile e inclusiva, che metta a disposizione adeguati strumenti di welfare, diventa una priorità. 

Grandi dimissioni ? La parola agli HR Manager