Forme pensionistiche complementari

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Relazione annuale COVIP 2025 : Fondi pensione, aumentano rendimenti e adesioni ma con squilibri strutturali.


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Il 2023 ha segnato un deciso rilancio della previdenza complementare in Italia. Dopo le difficoltà incontrate nel 2022, caratterizzato da forti turbolenze sui mercati finanziari e da un rallentamento delle adesioni, il sistema dei fondi pensione ha mostrato segnali di consolidamento. Crescono il numero degli iscritti, i flussi contributivi e soprattutto i rendimenti, grazie a un contesto di mercato più favorevole, in particolare per gli strumenti azionari.

Dalla Relazione annuale COVIP 2025, presentata lunedì pomeriggio presso la Camera dei Deputati, emerge che le 291 forme pensionistiche complementari operanti in Italia contano un numero di iscritti vicino ai 10 milioni , ossia il 38,3 % della forza lavoro complessiva, con un incremento del +4% sul 2023.

Aumentano gli iscritti - Una delle tendenze più rilevanti riguarda l’incremento della partecipazione ai fondi negoziali, che contano ora quasi 4,1 milioni di iscritti ( +5,5 sul 2023 ) . Seguono i fondi aperti, con oltre 2milioni di adesioni ( +7 % sul 2023 ) , e i PIP, i piani individuali pensionistici, che si attestano a 3,7 milioni di posizioni. A trainare le nuove iscrizioni sono in parte i meccanismi di adesione automatica, soprattutto nel pubblico impiego, e la maggiore consapevolezza delle difficoltà legate al futuro sistema pensionistico pubblico.

Aumentano i rendimenti - Sul fronte delle prestazioni finanziarie, il 2024 si è chiuso con rendimenti medi particolarmente significativi per tutte le principali tipologie di fondi. I comparti azionari dei fondi negoziali hanno registrato un rendimento medio annuo superiore al 10 per cento, mentre quelli dei fondi aperti hanno superato l’12 per cento a fronte di rendimenti dimezzati per le linee bilanciate e obbligazionarie. L’andamento è stato nettamente migliore rispetto al 2022, quando i rendimenti erano risultati negativi a causa delle tensioni geopolitiche e dell’impennata dei tassi d’interesse.

Rivalutazione TFR vs. rendimenti - Nel confronto con il TFR lasciato in azienda, il divario resta significativo. La rivalutazione del trattamento di fine rapporto si è attestata all’1,9 per cento nel 2023, ben al di sotto dei rendimenti registrati dalle forme di previdenza complementare. Nel lungo periodo, il vantaggio è ancora più marcato: negli ultimi dieci anni, i comparti azionari hanno garantito rendimenti medi annui superiori al 4 per cento, contro una media del 2,4 per cento del TFR. Nonostante ciò persiste la diffidenza verso le linee azionarie che continuano ad essere scelte da una quota ancora minoritaria degli iscritti, pari al 11,7%

Squilibri strutturali nelle adesioni - Nonostante i dati positivi, permangono alcune criticità. La partecipazione degli under 35, pur in aumento, resta inferiore alle attese. I giovani rappresentano appena il 19,3 per cento degli iscritti complessivi, un dato che riflette la difficoltà di questa fascia di popolazione ad accedere con continuità al lavoro stabile e retribuito, condizione essenziale per costruire una pensione integrativa solida. La percentuale è in crescita rispetto al 17,6 per cento del 2019, ma ancora distante da quella che sarebbe auspicabile in un sistema pensionistico sostenibile.

Anche sul fronte di genere emergono forti disparità. Le donne costituiscono poco più del 38 per cento degli aderenti complessivi. Se si guarda ai soli fondi aperti, la percentuale scende al 42,6, mentre nei PIP si attesta attorno al 46 per cento. Questi dati sono legati a molteplici fattori, tra cui la minore partecipazione femminile al mercato del lavoro, l’intermittenza dei contratti, e la minore capacità contributiva legata al divario salariale.

Divari anche nella distribuzione territoriale degli iscritti con una netta prevalenza delle regioni settentrionali. Nel Nord Italia si concentrano circa due terzi delle adesioni, mentre il Mezzogiorno continua a registrare livelli di partecipazione molto più bassi. Questo divario si riflette anche nei contributi medi annui, che si attestano intorno ai 2.800 euro per il Nord, contro una media nazionale di circa 2.700 euro.

Un segnale positivo arriva dalla maggiore consapevolezza delle famiglie italiane, che iniziano ad aprire posizioni di previdenza complementare anche per i figli fiscalmente a carico, con l’obiettivo di costruire una base previdenziale sin dalla giovane età. Tuttavia, si tratta ancora di un fenomeno di nicchia, legato principalmente a famiglie con reddito medio-alto e cultura finanziaria consolidata.

Investimenti nell’economia nazionale - L’utilizzo delle risorse accumulate mostra una crescente attenzione all’economia reale. Oltre il 16 per cento del patrimonio dei fondi pensione è investito in titoli di Stato italiani, obbligazioni di aziende italiane e strumenti di finanza sostenibile. Anche le casse di previdenza dei professionisti stanno incrementando gli investimenti infrastrutturali e in settori strategici, come sanità, digitale ed energia. Complessivamente sono 40,1 i miliardi investiti dai fondi pensione e 46,5 dalle casse.

Prospettive di riforma - Dal punto di vista normativo, è in corso un confronto tra gli operatori del settore e il governo per introdurre modifiche fiscali che rendano più attraente la previdenza integrativa. 

Tra le ipotesi allo studio vi è il passaggio dalla tassazione sul maturato a quella sul realizzato, che permetterebbe di incentivare la permanenza nel sistema e una gestione più efficiente dei rendimenti. Proposte sono state avanzate anche in relazione all’opportunità di modificare le modalità di erogazione delle prestazioni finali, con l’introduzione della possibilità di programmare prelievi parziali del capitale accumulato in un orizzonte temporale definito ( tra i 5 e i 7 anni ).

La sfida per i prossimi anni sarà quella di estendere la partecipazione, rendendo i fondi pensione accessibili anche a chi oggi ne resta escluso: giovani precari, lavoratori a bassa retribuzione, donne, autonomi e partite IVA. Occorrerà rafforzare la cultura previdenziale, semplificare l’accesso e rimuovere gli ostacoli fiscali e burocratici che ancora oggi limitano la diffusione della previdenza complementare. La crescita registrata nel 2023 è un segnale incoraggiante, ma non sufficiente per garantire un sistema pensionistico inclusivo, solido e sostenibile per le nuove generazioni.

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