In data 7 febbraio 2025 la Corte Costituzionale ha depositato le decisioni sull’ammissibilità dei cinque referendum per l’abrogazione di alcune disposizioni in materia di lavoro.
Si tratta nello specifico di norme che riguardano la disciplina dei licenziamenti del Job Act ; di quelle che definiscono la misura massima dell’indennità di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese ; la responsabilità solidale del committente negli appalti e le causali del contratto a termine.
1. La prima richiesta di referendum abrogativo denominata “Contratto di lavoro a tutele crescenti - disciplina dei licenziamenti illegittimi” è stata reputata ammissibile con la sentenza n. 12/2025.
Si legge nella sentenza la “circostanza che all’esito dell’approvazione del quesito abrogativo il risultato di un ampliamento delle garanzie per il lavoratore non si verificherebbe in realtà in tutte le ipotesi di invalidità” del licenziamento - perché per alcune di queste (e in particolare nel caso del licenziamento intimato al lavoratore assente per malattia o infortunio, oppure intimato per disabilità fisica o psichica a un lavoratore che non versava in realtà in tale condizione) si avrebbe, invece, “un arretramento di tutela” - non inficia, secondo la Corte, la chiarezza, l’omogeneità e l’univocità della richiesta di referendum.
Il quesito referendario chiama, infatti, il corpo elettorale “a una valutazione complessiva e generale, che può anche prescindere dalle specifiche e differenti disposizioni normative, senza perdere la propria matrice unitaria”.
Questa è ravvisabile, ha precisato la Corte, “nel profilo teleologico sotteso al quesito referendario, mirante all’abrogazione di un corpus organico di norme e funzionale alla reductio ad unum, senza più la divisione tra prima e dopo la data del 7 marzo 2015, della disciplina sanzionatoria dei licenziamenti illegittimi, con la riespansione della disciplina pregressa, valevole per tutti i dipendenti”, a prescindere dalla data della loro assunzione.
SI ricorderà , infatti, che ad oggi chi è assunto dopo il 2015 può non avere diritto al reintegro nel proprio posto di lavoro, nemmeno se il licenziamento è stato giudicato illegittimo. Il quesito referendario mira all’abrogazione di tale disciplina tornando all’art. 18 nella versione riformata nel 2012 dalla Legge Fornero.
2. La richiesta di referendum abrogativo denominata “Piccole imprese - Licenziamenti e relativa indennità” è stata reputata ammissibile limitatamente alle parole che stabiliscono una misura massima per la liquidazione dell’indennità da licenziamento illegittimo ( sentenza n. 13/2025 )
Nella motivazione, la Corte ha precisato che la norma oggetto del quesito referendario trova oggi applicazione, a seguito delle modifiche intervenute nella legislazione in materia, nei confronti dei soli lavoratori assunti alle dipendenze delle cosiddette “piccole imprese”, ossia presso datori di lavoro che non raggiungono la soglia dimensionale indicata dall’articolo 18, 8° co., dello Statuto dei lavoratori, prima del 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2015 attuativo del Jobs act.
In sostanza l’ obbiettivo perseguito attraverso l’abrogazione è innalzare le tutele ( reali ) per chi lavora in aziende con meno di quindici dipendenti, eliminando il tetto massimo di sei mensilità della retribuzione globale di fatto all’ indennità spettante al lavoratore in caso di licenziamento.
3. Circa la richiesta di referendum abrogativo denominata “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi” ( sentenza n. 14/2025 ), il quesito riguarda l’abrogazione di alcune previsioni (articoli 19, commi 1, 1-bis e 4, e 21, comma 01, del decreto legislativo numero 81 del 2015) che attualmente consentono la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato (e anche la loro proroga e/o il rinnovo) fino ad un anno senza dover fornire una qualche giustificazione, e, per quelli di durata superiore, sulla base di una giustificazione individuata dalle parti, anche se non prevista né dalla legge, né dai contratti collettivi stipulati dai sindacati più rappresentativi a livello nazionale. Norme che, secondo i promotori, hanno contribuito alla liberalizzazione del contratto a termine e alla precarizzazione del mondo del lavoro
Secondo la Corte, il quesito soddisfa tutti i requisiti di chiarezza, omogeneità, univocità richiesti per consentire all’elettore di esercitare una scelta libera e consapevole, in quanto è formulato nei termini di un’alternativa secca. Da un lato, abrogare le disposizioni vigenti, con conseguente estensione ai rapporti di lavoro di durata infrannuale dell’obbligo di giustificazione dell’apposizione del termine oggi sussistente per la stipulazione di contratti di lavoro di durata superiore all’anno e il necessario riferimento, per tutti i contratti a termine, alle sole cause giustificative previste dalla legge o dai contratti collettivi; dall’altro, conservare la normativa vigente, che, al contrario, ne liberalizza l’impiego.
4. In relazione alla richiesta di referendum abrogativo denominata “Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”, la sentenza n. 15/2025 ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dell’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, numero 81, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”.
Secondo la Corte, dalla formulazione del quesito si evince in modo inequivocabile la finalità di rafforzare la responsabilità dell’imprenditore committente. Il quesito, anche in questo caso, pone al corpo elettorale un’alternativa netta: “il mantenimento dell’attuale assetto della responsabilità solidale, contraddistinto da deroghe significative, o l’integrale riespansione di tale responsabilità, senza alcuna eccezione per i danni prodotti dai rischi tipici delle attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici” in caso di infortunio sul lavoro .
Il quesito rispetta altresì, secondo la Corte, i requisiti di chiarezza e semplicità, essenziali per garantire l’esercizio delle prerogative proprie del corpo elettorale. Dalla formulazione del quesito si evince in modo inequivocabile la finalità di rafforzare la responsabilità dell’imprenditore committente. Il quesito pone un’alternativa netta: “il mantenimento dell’attuale assetto della responsabilità solidale, contraddistinto da deroghe significative, o l’integrale riespansione di tale responsabilità, senza alcuna eccezione per i danni prodotti dai rischi tipici delle attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici”.
Se la proposta di abrogazione fosse approvata, la responsabilità civile e risarcitoria del committente – che decida di affidare lavori o servizi in appalto – sarebbe estesa a qualsiasi danno derivante da infortuni sul lavoro subiti dai dipendenti dell’appaltatore e dei subappaltatori, oltre la quota già indennizzata dall’INAIL (danni differenziali, ossia la differenza tra il danno da infortunio sul lavoro liquidato dall’INAIL e il maggior danno che all’infortunato venga riconosciuto in base alle ordinarie norme civilistiche).
Fonte: Corte Costituzionale