L’OCSE ha pubblicato l’ aggiornamento 2025 del Commentario al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni, operando una revisione complessiva del testo. Tra le novità di maggior rilievo la riformulazione dell’Articolo 5 in materia di Stabile Organizzazione, per fornire criteri interpretativi certi di fronte alla diffusione strutturale del lavoro da remoto transfrontaliero.
Resta fermo il principio cardine secondo cui la Stabile Organizzazione si configura come una sede fissa di affari mediante la quale l’impresa esercita in tutto o in parte la propria attività. Tuttavia, per stabilire se l'abitazione di un dipendente rientri in tale definizione, l'OCSE introduce due parametri fondamentali che guidano l'analisi.
Il primo criterio è di natura quantitativa e riguarda una soglia temporale del 50%. Se, nell'arco di un periodo di dodici mesi, il dipendente svolge la propria attività da remoto nello Stato estero per meno della metà del tempo lavorativo complessivo, il luogo non soddisfa il requisito di stabilità e, di conseguenza, non costituisce una Stabile Organizzazione. Qualora tale soglia venga superata, la configurazione della stabile organizzazione non è comunque automatica, ma impone un secondo livello di verifica qualitativa.
A questo punto diventa dirimente il criterio della "ragione commerciale". È necessario indagare se la presenza del lavoratore nello Stato estero risponda a effettive esigenze di business dell'impresa — come la necessità di un presidio fisico vicino ai clienti o l'operatività in specifici fusi orari — oppure se sia dettata da una mera scelta personale del dipendente. Solo nel primo caso, infatti, il lavoro da casa viene svolta nell’ interesse dell'azienda; viceversa, se la remotizzazione avviene per esclusiva comodità del lavoratore, manca il nesso funzionale con l'attività d'impresa e viene meno la Stabile Organizzazione, anche a fronte di un utilizzo continuativo degli spazi.
Il nuovo commentario conferma dunque che non esiste alcun automatismo: il fatto che un dipendente lavori da casa non significa che quell’abitazione diventi una sede dell’impresa. Serve sempre un’analisi concreta, basata su fatti e circostanze. Tuttavia l’ OCSE richiama all’ attenzione quando il dipendente è l’unico rappresentante dell’azienda nello Stato perchè in situazioni simili, vige una presunzione relativa che qualifica l’ home offce come luogo d’affari.
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