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Riflessioni su salario minimo , contrattazione e spesa previdenziale nel XXII° Rapporto annuale INPS


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Ieri, 13 settembre, è stato presentato presso la Camera dei Deputati il XXII Rapporto annuale Inps, dal quale è possibile desumere diversi spunti di riflessione sull’andamento del mercato del lavoro italiano. Tra i punti di attenzione questioni attuali come il salario minimo, l’andamento delle retribuzioni e il lavoro povero, un’ analisi della contrattazione collettiva ad un anno dell’isitituzione dell’ archivio nazionale gestito dal CNEL, e un indagine sullo stato di salute del sistema previdenziale.  

LAVORO POVORO E SALARIO MINIMO : 

I dati INPS alimentano il dibattito sul salario minimo ed evidenziano come il problema dei “ working poor “ sia legato, nell’universo del lavoro dipendente, alla bassa intensità di lavoro, e al basso numero di ore lavorate, piuttosto che alla paga oraria. 

Facendo propria la definizione europea di lavoratore povero, che considera tale il lavoratore il cui reddito familiare è inferiore al 60 % del corrispondente reddito mediano nazionale, l’ INPS calcola il salario mediano in 588 € per un part time e 1.116 € netti mensili per un full time, pari a 24,9 euro e 48,3 euro di retribuzione giornaliera lorda. Nel mese di ottobre 2022, in base a queste soglie, i lavoratori dipendenti privati poveri sono stimati dall’ INPS in 871.800, pari al 6,3% della platea di riferimento. Di questi, oltre mezzo milione sono addensati tra i dipendenti part time mentre per le fattispecie a tempo pieno essi risultano in buona parte riconducibili a tipologie contrattuali specifiche come apprendistato e intermittente. La quota restante, va ulteriormente depurata dai dipendenti che versano in una situazione temporanea di povertà superata entro l’anno di riferimento. 

All’esito dell’ indagine, degli 871.800 lavoratori poveri inizialmente stimati, ne rimarrebbero appena 20.300 ( 0,2% dei lavoratori dipendenti ) con una paga oraria sotto soglia di povertà. Ciò non esclude che la loro presenza sia concentrata in aree “borderline” rispetto ai “normali” rapporti di lavoro dipendente: partite IVA attivate in alternativa all’impiego come dipendente; posizioni formalmente riconducibili a istanze di completamento della formazione professionale (stagisti, praticanti etc.) e idonee a camuffare rapporti e aspettative simili di fatto a quelle sottese al “normale” rapporto di lavoro dipendente; posizioni di lavoro autonomo occasionale o parasubordinato. Senza dimenticare le varie tipologie di lavoro nero, integrale o associato a posizioni parzialmente irregolari. 

CONTRATTAZIONE COLLETTIVA : 

L’indaigine effettuata dall’ INPS , con la consultazione dell’archivio nazionale dei contratti gestito dal CNEL, approfondisce i livelli e la distribuzione delle retribuzioni secondo i CCNL di riferimento, dei dipendenti delle imprese private relativamente al mese di ottobre 2022. 

I CCNL attivi - con almeno 1 dipendente interessato nel mese di ottobre - risultano 822. A questi CCNL facevano riferimento 13,645 milioni di dipendenti, pari a oltre il 98% dei dipendenti delle imprese private nel mese di ottobre (13,889 milioni). Dalla lettura dei dati dell’archivio nazionale dei contratti collettivi, sulla base del codice alfanumerico attribuito dal CNEL, emerge che : 

a. i 28 CCNL “grandi” (riguardanti almeno 100.000 dipendenti) concentrano poco meno dell’80% dei dipendenti;

b. cumulando anche i 71 CCNL “medi” (che riguardano tra i 10.000 e i 100.000 dipendenti) si arriva oltre il 95% dei dipendenti totali: in sostanza un centinaio di contratti (99 per la precisione) coinvolge la quasi totalità dei dipendenti;

c. il 2,6% dei dipendenti fa riferimento a 141 CCNL “piccoli”;

d. lo 0,4% dei dipendenti si distribuisce tra i quasi 600 contratti “micro”; e. per l’1,3% dei dipendenti non si dispone dell’informazione sul CCNL applicato o non viene applicato nessun CCNL. 

Oltre il 96% dei dipendenti (Tabella 1.23) a ottobre 2022 risulta “coperto” da un contratto firmato da almeno una delle tre maggiori organizzazioni sindacali. Sul totale dei contratti, quelli firmati da CGIL-CISL-UIL (almeno una sigla) sono il 24% del totale; la quota esclusiva di altre organizzazioni sindacali (76% dei contratti totali e 4% dei dipendenti coinvolti) è crescente man mano che diminuisce la dimensione occupazionale dei CCNL. Tra quelli “micro” il peso delle Confederazioni sindacali maggiori dal lato lavoratori risulta molto limitato: 7% dei CCNL, 11% dei dipendenti. I CCNL non firmati da nessuna delle tre sigle sindacali principali sono complessivamente 628, di cui 539 “micro”: in tutto coinvolgono quasi 500.000 dipendenti. 

OCCUPAZIONE AI MASSIMI STORICI : 

Dopo gli sconvolgimenti causati dalla crisi pandemica, il mercato del lavoro ha dato forti segnali di ripresa con il tasso di occupazione che si è attestato al 61 %. 

Nonostante questo trend positivo - spiegano da Inps - si evidenziano alcune criticità derivanti dall’invecchiamento della popolazione, dal persistente divario territoriale tra Nord e Sud, nonché dalla divaricazione tra lavoro dipendente, in aumento, e lavoro autonomo, in diminuzione. Inoltre, i principali indicatori del mercato del lavoro italiano, seppur migliorati rispetto al passato, rimangono significativamente al di sotto delle medie dei paesi dell’Unione Europea o di paesi come Francia e Germania. 

DISPARITA' DI GENERE E PENSIONI : 

Sebbene nel 2022 abbiamo rappresentato la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), i dati diffusi dall’ INPS evidenziano come la componente femminile percepisca il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 141 miliardi di euro contro i 180 miliardi della componente maschile. L’importo medio mensile della pensione degli uomini risulta così superiore a quello delle donne di circa il 36%. 

LO STATO DI SALUTE DEL SISTEMA PREVIDENZIALE : 

Buone le prospettive del sistema previdenziale e assistenziale nel breve e nel medio termine, nonostante la somma delle maggiori uscite dal lavoro derivanti dal sistema delle quote 100 ; 102 e 103 sia superiore alla somma dei risparmi e, quindi, il debito pensionistico aumenti. 

Sale contemporaneamente nel anno 2022 il numero dei nuovi assicurati, attestandosi a 2,052 milioni. In massima parte si tratta di nuovi dipendenti di imprese private (1,703 milioni, pari al 10% del totale dei dipendenti privati). L’incidenza degli entrati è consistente anche tra i parasubordinati (24%) e i domestici (12%) mentre valori molto più modesti si osservano per dipendenti pubblici e indipendenti, posizioni professionali che - per ragioni diverse - sono più difficilmente accessibili. 

Ma pesano sul sistema i trattamenti previdenziali, ovvero le pensioni di anzianità/anticipate, vecchiaia, invalidità e superstite, che assorbono il 92% della spesa pensionistica dell'Inps, mentre quelli assistenziali, ovvero le prestazioni agli invalidi civili e le pensioni e gli assegni sociali, il restante 8%. La voce che incide di più sulla spesa sono le pensioni di anzianità/anticipate con il 56% del totale, seguite dalle pensioni di vecchiaia che assorbono il 18% e dalle pensioni ai superstiti che assorbono oltre il 13%. Le prestazioni agli invalidi civili rappresentano il 6% del totale; per ultime ci sono le pensioni di invalidità e le pensioni e assegni sociali che rappresentano rispettivamente il 4% e il 2%. 

Con riferimento agli importi medi, le pensioni anticipate/anzianità in Italia sono quelle più elevate, con un importo medio di 1.915 euro mensili, a fronte di pensioni di vecchiaia di 889 euro mensili, di invalidità di 1.018 euro mensili e al superstite di 747 euro mensili. Le prestazioni assistenziali si attestano intorno ai 460 euro mensili. 

TAGLIO DEL CUNEO FISCALE : 

I dati raccolti dall' INPS attestano un retribuzione media annua pro capite nel 2022  pari a 25.112 euro. Rispetto al 2019 si tratta di un incremento del 4%, inferiore quindi all’inflazione del periodo che, ancora contenuta fino al 2021 (0,6% nel 2019, -0,2% nel 2020, +1,9% nel 2021), nell’ultimo anno è stata trascinata verso l’alto dalle vicende internazionali connesse alla guerra in Ucraina e all’incremento dei costi energetici. In termini reali quindi la retribuzione media ha perso una quota importante di potere d’acquisto. Un parziale recupero, per le retribuzioni medio-basse, è stato consentito dai provvedimenti di decontribuzione a favore dei lavoratori che, a parità di retribuzione lorda, ne hanno incrementato l’imponibile fiscale e la retribuzione netta.  

Le stime INPS confermano che il taglio del cuneo contributivo, del 7% per i lavoratori con un imponibile pensionistico mensile fino a 1.923euro mensili (25mila euro su base annua) e del 6% per i lavoratori con un imponibile pensionistico mensile tra 1.923 euro e 2.692 euro (35mila euro su base annua), ha apportato 98 euro in più in busta paga. Il 57% dei lavoratori beneficerebbe di importi superiori ai 100 euro mensili, mentre considerando i lavoratori full time e full month l'ammontare dell'esonero arriverebbe a 123 euro.