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INL – Nota n. 553/2021 : Interdizione post partum - chiarimenti dall’ Ispettorato


donna in cinta
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L’Ispettorato Nazionale del lavoro ( INL ) , con nota n. 553/2021 , ha fornito chiarimenti in ordine ai presupposti per l’emanazione, da parte delle strutture territoriali dell’ Ispettorato, del provvedimento di astensione dal lavoro post partum .

INTERDIZIONE POST PARTUM - Il T.u. maternità (dlgs n. 151/2021) tutela le lavoratrici madri e relativa prole anche attraverso misure di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte, riconoscendo l'astensione dal lavoro. In particolare: 

l'art. 7, comma 1, prevede il divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi e insalubri (dettagliati negli allegati A e B del T.u. maternità);
l’art 6 abilita gli organi di vigilanza ad autorizzare l'interdizione dal lavoro laddove non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni;
l'art. 17, comma 2, abilita gli ispettorati del lavoro ad autorizzare l'interdizione dal lavoro, tra gli altri, per i seguenti motivi: «(…) b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino». 

Ai fini dell'adozione dei provvedimenti di tutela, precisa l'Inl, «è sufficiente la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, a prescindere dalla valutazione del rischio inerente all'interno del DVR», il documento di valutazione dei rischi.

Pertanto, anche se il rischio attinente alle mansioni non sia stato espressamente valutato nel DVR, l'adibizione a tali mansioni costituisce comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela alla lavoratrice, con la conseguente emanazione del provvedimento d'interdizione, nel caso in cui sia stato impossibile l'adibizione ad altre mansioni.

Questa conclusione, aggiunge l'Inl, è coerente anche con l'orientamento della giurisprudenza che, in questi casi e in presenza dei presupposti di legge, qualifica la posizione giuridica vantata dalla lavoratrice in termini di «un diritto soggettivo», non riscontrandosi significativi margini di valutazione neanche in termini di discrezionalità tecnica in ordine alla verifica delle effettive condizioni di lavoro. 

PARTO PREMATURO - In riferimento all’art. 16, comma 1 lett. d), del D.Lgs. n. 151/2001, il quale prevede che qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni antecedenti al parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria ( congedo maternità ) si aggiungono al periodo di congedo obbligatorio di maternità da fruire dopo il parto ( in totale 5 mesi ).

L’INL precisa che lo stesso principio vale anche nei casi d'interdizione fino al settimo mese dopo il parto, come spiegato dall'Inps nella circolare n. 69 del 28 aprile 2016. Pertanto, i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti si aggiungono alla fine (cioè al «termine») della fruizione dei sette mesi dalla data effettiva del parto. 

INTERDIZIONE A SEGUITO DI SENTENZA - La nota, infine, affronta la problematica del diritto di astensione derivante da una sentenza dichiarativa emessa dal giudice. In tal caso l’INL chiarisce che, sotto il profilo procedimentale “pur in presenza di sentenza dichiarativa circa la sussistenza del diritto all’astensione, sia in ogni caso necessaria l’emanazione da parte dell’ITL del relativo provvedimento amministrativo di interdizione. Per quanto attiene, invece, alla richiesta nei confronti dell’Istituto previdenziale per l’erogazione dell’indennità sostitutiva, occorre che la lavoratrice inoltri sempre un’apposita istanza all’INPS (cfr. art. 1, D.L. n. 663/1969 conv. da L. n. 33/1980) ciò in quanto la sentenza dichiarativa del diritto non sostituisce l’atto provvedimentale della PA inteso quale presupposto necessario per l’erogazione della relativa indennità”.

Fonte: INL - Nota n. 553/2021