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L’importanza del welfare integrativo


 1.Il welfare integrativo come componente strutturale del sistema di protezione sociale.

Il welfare integrativo aziendale, da fenomeno di nicchia presente in poche aziende illuminate, è ormai diventato un istituto fondamentale del nostro sistema sociale. Lo dimostra la crescita esponenziale delle sue dimensioni quantitative, testimoniate da tutte le ricerche. Si tratta di una tendenza condivisa anche da altri Paesi avanzati dove, come in Italia, i legislatori hanno apprezzato il valore del welfare integrativo - o secondo welfare - per il benessere dei lavoratori, per la produttività aziendale e per la stessa competitività del Paese. La spesa sociale privata è cresciuta nche in ordinamenti a consolidato welfare statale come la Svezia, la Francia e la Germania, dove la spesa per il welfare integrativo è rispettivamente del 5.5%, del 5.9% e del 4.3%. In Italia è alquanto più contenuta, meno del 2% secondo i dai OCSE (del 2011); ma sta crescendo, specie nel settore sanità e assistenza integrativa e appunto nel welfare aziendale. L’obiettivo, a mio avviso, non è di sostituire spesa pubblica con spesa privata ma di mobilitare risorse aggiuntive per rispondere a bisogni altrimenti destinati a restare insoddisfatti. D’altra parte, le esperienze di welfare aziendale testimoniano che i vari benefit possono contribuire positivamente non solo alla produttività aziendale e al benessere dei lavoratori, ma anche al clima generale delle relazioni industriali e, se diffusi adeguatamente, all’efficienza complessiva del nostro sistema.

2. La legislazione di sostegno.

In Italia il sostegno pubblico in atto da tempo a queste forme di welfare ha registrato un salto di qualità con la legge di stabilità per il 2016 (legge 208/2019), che ha rafforzato e resi più flessibili gli incentivi ad adottarle. Questa normativa ha aperto una nuova stagione, una fase due del welfare aziendale, chiamando le imprese e le parti sociali ad assumere un ruolo attivo per diffondere le misure di flexible benefits a platee sempre più ampie di soggetti, così da rendere le forme di welfare integrativo un secondo pilastro del sistema di protezione sociale. La legge di stabilità 2017 (legge 232/2016) ha ulteriormente ampliato il range di benefici di welfare incentivati. Le novità delle leggi di stabilità sono rilevanti perché rendono più semplice e più conveniente il welfare aziendale, sia chiarendo le regole fiscali, sia ammettendo che le agevolazioni sono possibili anche quando i benefit sono attribuiti in sostituzione dei premi di produttività. Questo amplia le possibilità di scelta per il lavoratore, che può preferire di ricevere servizi di welfare piuttosto che compensi in denaro. I primi possono avere, per il lavoratore e per la sua famiglia, un maggiore valore di uso dei secondi, risultando anche fiscalmente molto più convenienti. La moneta “welfare” ha un valore reale maggiore delle erogazioni in denaro, perché queste sono decurtate da contributi e tasse, mentre le erogazioni e i servizi di welfare, se ben costruiti, possono essere totalmente esenti. Inoltre, è importante che le leggi richiamate abbiano favorito la contrattazione dei benefit rendendoli più convenienti di quelli decisi unilateralmente dall’azienda. Nello stesso modo hanno incentivato la contrattazione dei premi di produttività, con un incremento dell’incentivo quando questi istituti siano accompagnati da forme di partecipazione dei lavoratori.

3. L’impegno della contrattazione collettiva.

La contrattazione collettiva aziendale e, di recente, anche nazionale ha risposto alla sfida e sta dando un contributo ulteriore alla diffusione e alla regolazione dei vari istituti di welfare integrativo. Da ultimo, il CCNL per il settore metalmeccanico del dicembre 2016 ha fatto del welfare aziendale un perno del nuovo impianto retributivo dei rapporti di lavoro del settore. Il diffondersi di piattaforme digitali ha facilitato l’accesso a questi servizi di welfare da parte dei lavoratori e delle imprese anche medio-piccole. Dai dati del Ministero del lavoro, elaborati dall’Inapp e presentati al CNEL il 6 dicembre 2017, risulta che i contratti integrativi presentanti al Ministero per ottenere gli sgravi di legge sono 25.488 con un valore medio del premio di risultato di 1312 Euro. Di queste istanze il 18,1% proviene da datori di lavoro che applicano un contratto collettivo territoriale, secondo uno schema concordato fra le maggiori confederazioni sindacali e imprenditoriali. Il che sta facilitando la diffusione dei premi e del welfare anche fra le PMI, comprese quelle sprovviste di rappresentanze sindacali. I contratti aziendali coprono una fetta molto maggiore di lavoratori beneficiari: dei complessivi 4.948.813, solo 335.737 sono coperti da contratti territoriali. Anche il valore medio del premio previsto da questi ultimi è più basso, 900 Euro. La diffusione del welfare è variamente stimata dalle varie ricerche : secondo i dati del Ministero sopra citati, il 13,6% dei contratti disciplina il welfare aziendale e il 4,5% la partecipazione dei lavoratori. Ma nelle imprese dai 250 dipendenti in su la percentuale del welfare cresce al 20% e la partecipazione dei lavoratori al 6,9%. Percentuali simili risultano dall’Osservatorio OCSEL della CISL. La diffusione del welfare varia molto secondo i territori (accentuata nelle aree del centro -Nord e limitata in quelle del Mezzogiorno) e secondo i settori economici. Nel settore metalmeccanico la percentuale di accordi arriva al 28% , secondo l’osservatorio OCSEL, e supera il 35% secondo una recente indagine Federmeccanica. I contenuti degli accordi sul welfare si sono alquanto sviluppati e diversificati negli ultimi anni. Assistenza sanitaria e previdenza integrativa sono le due misure più diffuse, insieme alla mensa; ma sono frequenti i servizi di cura all’infanzia (asili), i servizi di trasporto collettivo, gli aiuti per l’educazione e la formazione (borse, spese scolastiche) nonché molte misure di conciliazione fra vita e lavoro (orari flessibili, part time, congedi). Un punto critico riguarda la diffusione del welfare integrativo alle PMI, che è ancora limitata. Tale diffusione è essenziale per dare a questo welfare un carattere di sistema, perché le PMI sono gran parte della nostra economia e perché d’altra parte hanno minori possibilità di accedere alle prestazioni pubbliche e agli stessi servizi offerti dai sindacati.

4. La possibilità di avvalersi di voucher.

La nuova normativa prevede la possibilità di ricomprendere nei vantaggi fiscali l’erogazione tramite voucher di tutte le misure di welfare previste dalla legge. Questo orientamento si giustifica per un motivo sistematico, cioè per il fatto che la modalità di erogazione tramite voucher non può essere motivo di disparità di trattamento, trattandosi di uno strumento per la realizzazione degli obiettivi di welfare. Se questi obiettivi sono meritevoli in sé, la qualità dello strumento non deve essere rilevante. Per di più, lo strumento del voucher, per la sua utilizzazione pratica e per la sua tracciabilità, che dovrà essere debitamente regolata, in rapporto agli utenti e ai fornitori di servizi, permette una diffusione e una standardizzazione del servizio utile specie per le P.M.I.

5. Una sfida da portare avanti.

Il sostegno fiscale riconosciuto ai premi di produttività, al profit sharing, incrementato se accompagnato da forme di partecipazione al welfare aziendale, ha un ulteriore obiettivo: quello di favorire una contrattazione aziendale più moderna e partecipativa. E’ un obiettivo quanto mai utile per migliorare la gestione dei rapporti di lavoro e per promuovere un clima collaborativo nelle imprese di cui il paese ha grande bisogno. Le parti sociali hanno un’occasione importante per cogliere queste opportunità offerte dal legislatore.

A cura di Tiziano Treu – Professore emerito dell’Università Cattolica di Milano