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CEDU: indennità di licenziamento fruita per un periodo più lungo del dovuto, il lavoratore non deve restituire nulla se l’errore è stato delle autorità statali


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Con la sentenza inerente al ricorso n. 48921/2013 emessa il 26.04.2018, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo afferma che lo Stato non può chiedere la restituzione delle indennità di licenziamento corrisposte per un periodo più lungo del dovuto, se causa di ciò è un errore commesso dalle autorità nazionali in ordine alle modalità ed ai tempi di pagamento, senza che il lavoratore abbia contribuito in alcun modo a trarre in inganno gli enti competenti.

Il fatto affrontato

Una cittadina croata, nel 1995, dopo 25 anni di lavoro, perde l’impiego a causa della chiusura dell’azienda per fallimento.
In seguito a ciò, riceve dalla competente autorità statale un’indennità mensile di licenziamento.
Nel 2001, però, l’Ufficio per l’Impiego, stante la fruizione della somma da parte della prestatrice oltre il limite della durata temporale previsto per la prestazione, revoca la suddetta indennità con effetto retroattivo, chiedendo alla donna anche un rimborso di € 2.600,00.
La lavoratrice, rifiutandosi di restituire tale somma, perde il contenzioso giudiziario in Croazia e decide, pertanto, di ricorrere alla CEDU.

La sentenza

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo statuisce, preliminarmente, che il diritto all’indennità di licenziamento deve essere collocato all’interno dell’ambito di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che garantisce ad ogni individuo il diritto di proprietà.
Per giungere a tale assunto, i Giudici di Strasburgo affermano che, seppur in via generale, nella nozione di proprietà rientrano i beni già in possesso di un individuo, è possibile che, in certe circostanze, una legittima aspettativa, di natura più concreta rispetto a una mera speranza, ad ottenere un bene, deve consentire al soggetto coinvolto di ottenere le medesime tutele riservate al titolare del diritto di proprietà.

Pertanto, a giudizio della CEDU, se il lavoratore interessato non ha mai cercato di trarre in inganno le competenti autorità giudiziarie, nel periodo di fruizione della suddetta indennità oltre il limite massimo della sua durata temporale, lo stesso è legittimato a beneficiarne sulla scorta di una legittima aspettativa basata su una decisione amministrativa.

Secondo i Giudici, nell’ottica di garanzia di un giusto equilibrio tra interesse generale e diritti del singolo individuo, una decisione amministrativa, come quella in questione, può essere sempre soggetta a revoca, ma per il futuro e non con effetti retroattivi.
Il prestatore esente da responsabilità, infatti, non deve subire alcun pregiudizio economico, né rimborsando le indennità fruite nel periodo oltre la scadenza del termine della prestazione né tanto meno corrispondendo ulteriori somme richieste a titolo di rimborso per un errore commesso dalle stesse autorità statali.

A cura di Fieldfisher