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L’APE – AZIENDA dopo la legge di bilancio 2018


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1.L’APE –azienda si innesta sull’APE volontaria

In quest’ultimo periodo, si è molto parlato della APE sociale e, con un’intensificazione a seguito dell’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 settembre 2017, n. 150 (G.U. 17 ottobre 2017, n. 243), dell’APE volontaria (vd. Dossier APE volontaria). Due strumenti volti ad assicurare un reddito a lavoratori che maturano la pensione di vecchiaia al massimo entro 43 mesi. Meno si è parlato della cosiddetta APE-azienda, che può annoverarsi fra le misure, con oneri a carico delle aziende, volte ad accompagnare i lavoratori alla pensione per periodi di durata variabile. Misure che, allo stato, sono individuabili soprattutto nella “prestazione di importo pari al trattamento pensionistico” di cui all’art. 4 della l. n. 92/2012 (di solito indicata come iso-pensione) e, nei settori in cui operano i Fondi di solidarietà, nella integrazione della NASPI nonché nell’assegno straordinario.

2. I riflessi delle innovazioni introdotte dalla legge di bilancio 2018

L’Ape-azienda si distingue per caratteristiche che la differenziano profondamente rispetto alle altre misure finalizzate all’accompagnamento alla pensione. L’APE-azienda, come si è accennato, si innesta sull’APE volontaria. Sull’APE-azienda si riflette, pertanto, l’innovazione recata dalla legge di bilancio 2018. Questa legge, in particolare, ha ampliato il periodo di sperimentazione dell’APE volontaria: inizialmente copriva il periodo 2017/2018; ora, ad opera dell’art. 1, comma 162, della legge di bilancio 2018, il periodo è stato ampliato a tutto il 2019. Vi è poi un’ulteriore rifesso della circostanza che potrà chiedersi l’APE volontaria anche nel 2019 e che, sulla base di questa, nello stesso anno sarà utilizzabile anche l’APE –azienda. Ricordando la regola secondo cui l’APE volontaria - e, quindi, anche l’APE -azienda - può essere fruita da chi matura la pensione di vecchiaia entro 3 anni e sette mesi, l’aggravamento di cinque mesi del requisito anagrafico della pensione di vecchiaia previsto a partire dal 1° gennaio 2019, con corrispondente spinta in avanti dell’età richiesta per l’APE. Non si deve, infatti, tralasciare quanto specificato dall’art.3 del citato DPCM n. 150: “ Il requisito anagrafico che consente la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi dalla data di domanda di APE tiene conto dell’adeguamento degli incrementi della speranza di vita dei requisiti di accesso al sistema pensionistico …”. Il che, peraltro, fa emergere un’ulteriore questione relativa alla verifica della speranza di vita, ormai su base biennale, fissata al 2021. Se e come potrà riflettersi sulla disciplina dell’APE toccherà, verosimilmente, all’Inps chiarirlo (la stampa di questi giorni ha segnalato che l’Inps ha inviato al Ministero del lavoro la bozza di circolare in tema di APE).

3.I tratti caratterizzanti dell’APE-azienda

L’APE volontaria, come è noto, consiste in un prestito erogato da un istituto bancario, che il lavoratore divenuto pensionato restituisce nel corso di venti anni. In tale periodo, la pensione è, pertanto, ridotta per effetto di trattenute volte alla restituzione delle somme ricevute in prestito nonché del pagamento del premio assicurativo per la copertura del rischio di premorienza. Le disposizioni che la l. 232/2016 dedica all’APE-azienda, che si ritrovano nel comma 172 di tale legge, presuppongono quella che è la regola fondante del sistema contributivo di calcolo della pensione, ormai generalizzato per le anzianità contributive maturate successivamente al 31 dicembre 2011. Nel sistema contributivo di calcolo, la pensione è direttamente proporzionata all’entità del montante contributivo. Quando si incrementa la contribuzione accreditata al lavoratore, per ciò stesso si incrementa la (misura della) pensione (ferma restando l’incidenza del tasso di rivalutazione dei contributi legata all’andamento del PIL nonché dell’età al momento del pensionamento). A questi meccanismi, risulta legata l’APE-azienda. Una volta che il lavoratore è disponibile a far ricorso all’APE volontaria, il datore di lavoro può trovare un accordo con il lavoratore e, in attuazione di tale accordo, provvedere ad incrementare il “montate contributivo individuale” di quel lavoratore. In questo modo, si farà crescere l’ammontare della pensione. In quale misura? La legge, non direttamente, fissa un limite verso il basso. La somma che il datore di lavoro, in attuazione dell’accordo, versa all’Inps in unica soluzione consiste in un “… contributo non inferiore, per ciascun anno o frazione di anno di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, all’importo determinato ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184”. L’importo a carico dell’azienda, dunque, è da calcolare secondo le regole di determinazione della contribuzione volontaria, corrispondendo al 33 % della retribuzione imponibile delle ultime 52 settimane lavorate (30.000 euro di retribuzione annua con anticipo di 3 anni, porteranno, ad esempio, ad un esborso di euro 29.700). Questo è il criterio generale. Come abbiamo visto, la legge fa riferimento ad un contributo non inferiore a quello calcolato come sopra. Ciò legittima ritenere che possa governarsi il rapporto fra l’effetto di riduzione della pensione netta percepita a causa dell’attivazione dell’APE volontaria e l’effetto di (indiretto) incremento della pensione determinato dall’arricchimento del montante contributivo grazie alla somma versata a tale scopo all’Inps da parte dell’azienda. Così, attraverso opportuni calcoli, si può arrivare ad individuare la somma da versare all’Inps allo scopo di contenere l’effetto di riduzione o, al limite, di annullarlo del tutto. L’attivazione dell’APE anche in casi del genere, in cui c’è un apporto straordinario dell’azienda, rimane volontaria. Non c’è dubbio, però, che il concorso dell’azienda all’incremento del montante e, quindi, della pensione può svolgere una funzione di incentivazione della disponibilità individuale. Quanto osservato legittima un’altra considerazione. Al momento, non avendo ancora avuto nemmeno un breve periodo di sperimentazione, non si è in condizione di capire con sicurezza se l’APE volontaria avrà successo o meno. L’APE - azienda è tendenzialmente in grado di neutralizzare le ragioni che possono incidere negativamente sulla disponibilità individuale a ricorrere all’APE volontaria.

4. Le agevolazioni previste dalla legge

Nel considerare il rapporto fra effetto di riduzione conseguente al ricorso all’APE volontaria e effetto di incremento, dovuto al contributo straordinario sborsato dall’azienda, ci sono da aver presenti le agevolazioni previste per l’APE (sull'importo dell'Ape non è prevista alcuna tassazione; al momento di erogazione della pensione, l’entità della trattenuta sulla pensione sarà contenuta dal credito di imposta annuo previsto in relazione agli interessi per il mutuo e al premio assicurativo, che viene riconosciuto dall’Inps a partire dalla prima mensilità di pensione: comma 177 della l. n. 232). Ciò oltre alle condizioni di favore da presumere insite negli accordi quadro dei Ministri del lavoro e dell’economia con Abi ed Ania ai fini della regolamentazione del contratto di finanziamento e della polizza sulla premorienza oltre a quanto può derivare dalla garanzia di ultima istanza dello Stato. Le agevolazioni che tendono a ridurre l’impatto sulla pensione nella stessa misura concorrono a contenere l’entità dell’esborso aziendale di riequilibrio.

5. Le ulteriori condizioni richieste

Come è più volte detto, l’intervento aziendale opera in casi in cui è attivata la normale APE volontaria. L’arricchimento del montante individuale, quindi, può intervenire in quanto è stata registrata la sussistenza dell’insieme delle condizioni richieste per l’APE: oltre al requisito anagrafico e ad almeno 20 anni di anzianità contributiva nonché alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi, anche l’importo della futura pensione mensile, al netto della rata di ammortamento per il rimborso del prestito, uguale o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo. L’ultima condizione induce a ritenere che il concorso aziendale, in casi di montanti di contenuta entità, può agevolare l’accesso all’APE proprio perché ne comporta un irrobustimento redendoli capaci di generare pensioni più consistenti e al di sopra del livello minimo richiesto. Infine, Il DPCM n. 150 non fornisce particolari indicazioni dirette sull’APE -azienda, che risulta menzionata nel modello di “Domanda di pensione di vecchiaia per richiedenti l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica – Ape” (Allegato n. 5 al decreto). All’interno della domanda, infatti, il lavoratore è tenuto ad indicare se ha stipulato, o meno, l’accordo per l’incremento del montante contributivo e, in caso positivo, ad indicare l’ammontare del contributo che il datore di lavoro si è impegnato a versare nonché ad allegare l’accordo sottoscritto.

A cura di avv. Angelo Pandolfo Fieldfisher