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Corte Costituzionale: limiti alle decurtazioni della pensione di reversibilità


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Con la sentenza n. 162 del 30.06.2022, la Corte Costituzionale afferma che, nell’ipotesi in cui il beneficiario della pensione di reversibilità abbia redditi ulteriori, detta pensione non può essere decurtata di un importo che superi l’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi.

Il caso affrontato

La titolare di un trattamento di reversibilità propone ricorso giudiziale nei confronti dell’INPS, dopo che l’Istituto aveva applicato a detta pensione una decurtazione maggiore ai redditi da lavoro che la ricorrente aveva maturato nelle annualità 2015 e 2016.
La Corte dei Conti sezione giurisdizionale per il Lazio, investita del caso, solleva questione di legittimità costituzionale della Tabella F allegata alla legge 335/1995 nella parte in cui prevede che “la decurtazione effettiva della pensione ai superstiti il cui beneficiario possieda redditi aggiuntivi possa eccedere l’ammontare complessivo di tali redditi”.

La sentenza

La Corte Costituzionale rileva che la pensione di reversibilità non può essere decurtata, in caso di cumulo con ulteriori redditi del beneficiario, di un importo che superi l’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi.

Per la sentenza, invero, la norma censurata genera una situazione irragionevole che si pone in contrasto con la finalità solidaristica sottesa all’istituto della reversibilità.
Quest’ultima è, infatti, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, beneficia del trattamento.

Diversamente ragionando, continua la Consulta, detto legame familiare, anziché favorire il superstite, finirebbe paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali.

Su tali presupposti, la Corte dichiara che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.

A cura di Fieldfisher