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Audizione CNEL su rappresentanza e rappresentatività sindacale


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Di recente il CNEL si è espresso in senso favorevole sulla proposta di legge a. c. 707 in tema di "Norme in materia di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di efficacia dei contratti collettivi di lavoro, nonché delega al Governo per l'introduzione di disposizioni sulla collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, in attuazione dell'articolo 46 della Costituzione".

Nell' audizione CNEL è stato rilevato la necessità di adottare uno strumento legislativo che promuova la definizione di criteri stabili ed oggettivi per accertare la rappresentatività delle parti sociali.

Sull'argomento: Sindacato comparativamente più rappresentativo: storia e prassi applicativa di un concetto di difficile definizione

Tale convincimento fonda su considerazioni in merito al sistema regolatorio degli anni passati che ha riconosciuto una vera e propria ‘sovranità’ in capo alle parti sociali, al punto che le stesse potessero liberamente determinare requisiti, forme e modalità di funzionamento interno. Persino le recenti riforme hanno assegnato un ruolo fondamentale al sistema delle relazioni industriali, cui è stata delegata la fase attuativa del contenuto delle riforme medesime.

Questa impostazione di astensionismo legislativo ha condotto ad una progressiva moltiplicazione di sindacati minori multisettoriali come, peraltro, risulta dalla “Anagrafe Unica CNEL-INPS” (sistema unico di identificazione dei contratti di livello nazionale istituito dal Cnel in collaborazione con Inps e d’intesa con il Ministero del Lavoro).

Il corollario di questo dato fattuale è duale: da un lato si assiste ad una progressiva produzione di CCNL che alimenta la frammentazione contrattuale e, dall’altro, la multisettorialità fa sì che i contratti siano applicabili a più settori produttivi con conseguente corsa al ribasso nelle zone di confine (cd. dumping contrattuale).

Ebbene queste considerazioni evidenziano la necessità a che vengano definiti strumenti di misurazione della rappresentatività che siano, quanto più possibile, stabili e oggettivi. Ciò contrariamente a quanto verificatosi in sede giurisprudenziale ove la pluralità di indici posti alla base delle pronunzie ha sovente condotto a decisioni fra loro contrastanti.

Nel dettaglio il Cnel ha distinto, con specifiche argomentazioni, le criticità afferenti gli indici della rappresentatività in seno alle rappresentanze sindacali e alle rappresentanze datoriali.

Sulle prime ha evidenziato la necessità di prendere in considerazione criteri di natura oggettiva e quantitativa con riferimento al dato associativo delle organizzazioni e ai risultati elettorali conseguiti all’esito delle elezioni per le rappresentanze sindacali unitarie nelle aziende.

In occasione del tavolo di confronto del 2018 è emersa, poi, l’esigenza di individuare ulteriori criteri per gli specifici settori produttivi dove le RSU hanno limitata diffusione (a titolo di esempio: la quantità e qualità delle vertenze trattate, la presenza e consistenza di strumenti di bilateralità, etc.).

Con riferimento alle rappresentanze datoriali, la internazionalizzazione e la diversificazione dei sistemi produttivi ha messo in discussione la rappresentatività data per acquisita dalle organizzazioni storiche nei vari settori. A tal fine il Cnel ha richiamato il disegno di legge Catalfo (in discussione al Senato - AS 658), che fa riferimento ai criteri previsti per la designazione dei rappresentanti delle associazioni datoriali nei consigli delle Camere di commercio.

Dal dibattito del 2018 viene evidenziato che tali criteri devono essere ulteriormente integrati e aggiornati la cui competenza deve essere rimessa alla determinazione delle parti sociali attraverso accordi interconfederali.

ACDR