L’INPS ha introdotto un’importante novità per i pensionati che intraprendono un nuovo rapporto di lavoro subordinato: il diritto al riconoscimento dell’indennità di malattia.
Con la circ. n. 57 dell’11.03.2025, l’ente previdenziale ha superato le disposizioni precedenti contenute nel circolare n. 95 bis/2006, ampliando la tutela previdenziale ai pensionati lavoratori in caso di malattia.
Cambio di rotta - Questa nuova interpretazione rappresenta un cambiamento significativo rispetto alle precedenti disposizioni. La circolare del 2006 stabiliva infatti che i pensionati non avessero diritto all’indennità di malattia al conseguimento del trattamento , anche in caso di avvio di nuova attività lavorativa subordinata.
Partendo dal concetto che la prestazione economica corrisposta ha natura indennitaria, ed è finalizzata a ristorare lo stato di morbilità del lavoratore con il conseguente mancato guadagno, l’Istituto aveva sostenuto che per il pensionato-lavoratore subordinato non esistesse alcuna ragione finalizzata a corrispondere l’indennità di malattia in quanto la percezione della pensione assicurava, comunque, una protezione anche in caso di evento morboso.
Ora, dopo quasi 20 anni, l’ INPS cambia l’interpretazione consolidata e chiarisce come il diritto all’indennità di malattia spetta ai pensionati-lavoratori solo se l’indennità è prevista dal settore di appartenenza e in conformità con la nuova copertura assicurativa. Il cambio di indirizzo trova la sua giustificazione nell’ assunto secondo il quale, per i pensionati che si rioccupano, non sussiste deroga al generale obbligo a carico del datore di lavoro di versare i contributi a finanziamento dell’ indennità di malattia del lavoratore.
Eccezioni al riconoscimento dell’indennità - La nuova circolare dell’INPS introduce un’importante apertura nei confronti dei lavoratori pensionati, garantendo la tutela previdenziale in caso di malattia. Tuttavia, esistono alcuni casi in cui l’indennità non è riconosciuta:
1. In tutti i casi in cui vige un regime di incumulabilità tra redditi di lavoro e trattamento pensionistico ( es. Quota 100 e Quota 103 per le quali è vietata ogni attività lavorativa in forma sia autonoma che subordinata fino al raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia, ad eccezione di quelle rese fino ad un tetto di 1500€ l’anno );
2. Titolari di pensione di inabilità prevista dall’art. 2 della legge n. 222/1984 e dall’art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995 ove, in caso di prestazione lavorativa accertata, viene revocata la pensione, con la perdita, per il soggetto interessato, dello “status” di pensionato e con l’acquisizione di quello di lavoratore;
3. Per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata, in quanto la normativa prevede espressamente che le prestazioni di malattia e degenza ospedaliera non siano erogabili ai titolari di pensione. Di conseguenza, per questi soggetti non è previsto il versamento della relativa contribuzione.
4. Per gli operai agricoli a tempo determinato (OTD), il cui diritto all’indennità cessa alla scadenza degli elenchi anagrafici (31 dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento), salvo un nuovo rapporto di lavoro attivo.
Fonte: INPS