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INPS – Rapporto annuale 2020 : Ammortizzatori sociali, RDC, Denatalità e riforma pensionistica


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IL presidente INPS Pasquale Tridico ha illustrato nella giornata di ieri i contenuti della Relazione Annuale dell’ Istituto. La relazione traccia un bilancio delle attività svolte dall’ INPS  in tutto il 2020 e analizza non solo gli effetti di quest’anno attraversato dalla pandemia sulla flessione della produzione e dell’occupazione ma anche le risposte messe in campo dal Legislatore per attutire l’impatto della crisi. 

Se per occupazione, lavoro, ammortizzatori sociali i trend sono ormai ben noti, sono invece interessanti in vista di possibili riforme le riflessioni relative alla tematica pensionistica e reddito di cittadinanza. 

OCCUPAZIONE E LAVORO : 

Da qualunque prospettiva lo si analizzi, il 2020 è stato caratterizzato da una brusca caduta del fabbisogno di lavoro, con una riduzione degli occupati del 2,8% ed un calo delle unità di lavoro del 7,1% e delle ore lavorate del 7,7%. 

Se consideriamo le retribuzioni individuali, la retribuzione media annua dei dipendenti è scesa da 24.140 euro nel 2019 a 23.091 euro nel 2020 (−4,3%, corrispondente a una perdita di poco più di 1.000 euro), a seguito della riduzione media delle settimane lavorate. 

AMMORTIZATORI SOCIALI :

L’erogazione degli ammortizzatori sociali è stata gestita nella quasi totalità dall’Inps che, già nel 2020, ha implementato innovazioni per semplificare le procedure di accesso e lavorazione. Nell’ultimo anno trascorso la cassa integrazione guadagni ha aumentato di circa tredici volte le uscite passando da 1,4 nel 20219 a 18,7 miliardi nel corso del 2020, con il numero di beneficiari passati da 620.000 a 6,7 milioni. 

Nonostante il notevole impatto sulla spesa pubblica, l’ ampia adozione della CIG, in particolare in deroga, ha consentito di rimediare al crollo dei redditi ( dai dati dell’imponibile contributivo, Inps rileva che in assenza del sostegno derivante dagli ammortizzatori sociali l’imponibile contributivo mediano per i lavoratori coinvolti in Cig-Covid sarebbe diminuito del 60%; grazie alla Cig, la perdita si è ridotta al 33% ) e alla perdita di posti di lavoro preservati anche grazie al blocco dei licenziamenti ( i posti di lavoro tutelati da febbraio 2020 ad oggi possono essere valutati in circa 330mila, per i due terzi riconducibili alle piccole imprese fino a 15 dipendenti ). 

REDDITO DI CITTADINANZA :

I due terzi dei 3,7 milioni di beneficiari del Reddito di Cittadinanza non sono presenti nei database INPS con prorpi estratti conto contributivi negli anni 2018 e 2019 mentre un terzo possiede in media un reddito pari al 12% delle retribuzioni annue medie dei lavoratori e solo il 20% ha lavorato per più di 3 mesi nel periodo immediatamente precedente all’introduzione del sussidio.

Alla resa dei conti, il reddito di cittadinanza sta svolgendo una funzione più di sussidio che di politica attiva, anche per la scarsa occupabilità dei percettori non sempre rimediabile. Pur tralasciando titoli di studio e formazione, un gran numero di percettori di reddito o pensione di cittadinanza è costituito da minori (1.350.000), disabili (450mila), persone con difficoltà fisiche o psichiche non percettori di pensioni di invalidità, oltre a circa 200mila percettori di pensione di cittadinanza. Tutte classi per cui risulta davvero difficile ridurre la loro distanza dal mercato del lavoro. 

RIFORMA PENSIONISTICA : 

Il dibattito pubblico recente si è concentrato su alcune proposte di revisione del sistema pensionistico. Il Rapporto Annuale è stata l’occasione per approfondire tre proposte, dal punto di vista degli effetti economici sulla spesa pensionistica sia nel breve che nel lungo periodo. Nello specifico, sono state analizzate: 

1) la proposta di consentire il pensionamento anticipato con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età;
2) l’opzione al calcolo contributivo con 64 anni di età e 36 di contributi;
3) un’opzione di anticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni, rimanendo ferma a 67 la quota retributiva. 

Dall’approfondimento emerge che la prima proposta è la più costosa, partendo da 4,3 miliardi di euro nel 2022 e arrivando a 9,2 miliardi a fine decennio, pari allo 0,4% del prodotto interno lordo. La seconda è meno onerosa, costando inizialmente 1,2 miliardi, con un picco di 4,7 miliardi nel 2027, e per questo più equa in termini intergenerazionali, con risparmi già poco prima del 2035, per effetto della minor quota di pensione dovuta all’anticipo ma soprattutto per i risparmi generati dal calcolo contributivo. Nell’ultima proposta analizzata si garantisce flessibilità per la componente contributiva dell’assegno pensionistico con costi molto più bassi per il sistema: l’impegno di spesa parte da meno di 500 milioni nel 2022 e raggiungerebbe il massimo costo nel 2029 con 2,4 miliardi di euro. 

Nel lungo periodo le proposte portano a una riduzione della spesa pensionistica rispetto alla normativa vigente, ma con impatti chiaramente differenti e diversa sostenibilità sui conti pubblici. 

Per quanto riguarda Quota 100 e Opzione Donna il Rapporto annuale evidenzia come rispetto agli impatti occupazionali attraverso la sostituzione dei pensionati con lavoratori giovani, un’analisi condotta sui dati di impresa non mostrano alcuna evidenza di uno stimolo a maggiori assunzioni derivanti dall’anticipo della pensione.

DENATALITA’ E SPESA PENSIONISTICA : 

La scarsa natalità che caratterizza il Paese ha un impatto sul mercato del lavoro e sulla sostenibilità della crescita economica. I giovani entro i 29 anni di età, che nel 1951 rappresentavano più della metà della popolazione (51,6%), ne costituiscono oggi circa il 28%. Tale squilibrio è ormai diffuso in tutto il territorio nazionale. 

La situazione è destinata ad aggravarsi e l’ingresso di lavoratori dall’estero ha compensato solo in parte tale squilibrio e presto il ritmo di entrata non sarà più sufficiente a compensare quello di uscita, e la domanda di welfare tenderà ad aumentare per effetto della spesa sanitaria dovuta all’invecchiamento della popolazione. 

Nel rapporto vengono suggerite tre linee di intervento volte ad incentivare: 

• maggiore sostegno alla natalità;

• ampliamento della base contributiva, soprattutto al Sud, con l’emersione del lavoro irregolare, regolarizzazione degli stranieri, spinta verso tassi di partecipazione più alti, soprattutto da parte delle donne;

• incremento della produttività del lavoro. 

In tale contesto, l’introduzione di nuove misure come l’assegno unico potrebbero dare un contributo alla ripresa delle nascite e alla produttività, insieme alla previsione di un congedo di maternità obbligatorio e più lungo anche per gli uomini e una contribuzione agevolata per le donne madri. 

Occorre ripensare anche il ruolo dei giovani, intervenendo con misure che migliorino la qualità della formazione, favoriscano un maggior assorbimento da parte del tessuto produttivo ed evitino la fuga verso altri paesi di molti giovani specializzati: l’inserimento nel mercato del lavoro di giovani con un bagaglio di conoscenze informatiche e digitali, oltre che professionali, potrebbe essere funzionale alla sempre auspicata svolta digitale nella pubblica amministrazione e nel settore privato.