Forme pensionistiche complementari

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COVIP: Relazione per l’anno 2021


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La relazione per l’anno 2021, presenta dalla Covip il 10 giugno scorso, costituisce un documento molto importante non solo per fare il punto in maniera completa sullo stato della previdenza complementare in Italia ma anche per riflettere su ipotesi di ulteriore sviluppo del settore e in termini quantitativi e in termini di capacità effettiva delle forme pensionistiche complementari di rispondere ai bisogni di prestazioni che vadano ad integrare le tutele offerte dal sistema pubblico di base lungo tutto l’arco di vita delle persone.

Le Considerazioni del Presidente della Covip, Prof. Mario Padula, illustrate in occasione della presentazione della Relazione al Parlamento che qui si riportano solo per la parte relativa ai fondi pensione, hanno delineato in primo luogo il quadro generale dell’offerta di strumenti di previdenza complementare e poi hanno delineato prospettive evolutive del settore.

Alla fine del 2021, l’offerta di strumenti di previdenza complementare fa capo a 349 forme pensionistiche: 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 72 piani individuali pensionistici (PIP) “nuovi” e 204 fondi preesistenti.

Gli iscritti alla previdenza complementare alla fine del 2021 sono 8,8 milioni, il 3,9 per cento in più rispetto all’anno precedente. In percentuale delle forze di lavoro, il tasso di copertura si attesta al 34,7 per cento.

Le posizioni in essere sono 9,7 milioni (inclusive di posizioni doppie o multiple, che fanno capo allo stesso iscritto).

I fondi negoziali contano 3,4 milioni di iscritti, quasi 1,7 milioni sono gli iscritti ai fondi aperti e 3,4 milioni ai PIP “nuovi”; circa 620.000 sono gli iscritti ai fondi preesistenti.

Quanto ai divari di genere e generazionali, si confermano tendenze già documentate. Gli uomini sono il 61,8% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali). La distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 50,3% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31,9% ha almeno 55 anni.

Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57%).

Alla fine del 2021, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 213,3 miliardi di euro, in aumento del 7,8% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 12% del PIL e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.

I contributi incassati nell’anno sono circa 17,6 miliardi di euro, tornando a crescere su livelli precedenti la pandemia.

Di questi sono affluiti 5,8 miliardi ai fondi negoziali (+5,5%), 2,6 miliardi ai fondi aperti (+12,7%), 4,9 miliardi ai PIP (+6,8%) e 4 miliardi ai fondi preesistenti (+3,1%).

La contribuzione per singolo iscritto ammonta mediamente a 2.790 euro nell’arco dell’anno.

Il 27,2% del totale degli iscritti complessivi alla previdenza complementare (circa 2,4 milioni) non ha effettuato contribuzioni nel 2021.

Oltre un milione di individui non versa contributi da almeno cinque anni.

Su tale fenomeno, peraltro, incide in misura significativa il meccanismo delle adesioni contrattuali nei fondi negoziali, particolarmente con riguardo a settori, come quello edile, caratterizzati da elevata discontinuità occupazionale.

Le uscite per la gestione previdenziale ammontano a 11,4 miliardi di euro.

Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 5,1 miliardi di euro e in rendita per circa 460 milioni di euro.

I riscatti sono pari a 2 miliardi di euro e le anticipazioni a 2,3 miliardi di euro, in gran parte riferite a spese sanitarie per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa.

Nell’anno sono state erogati circa 1,3 miliardi di euro di rendite integrative temporanee anticipate (RITA), per lo più concentrate nei fondi pensione preesistenti.

L’allocazione degli investimenti effettuati dai fondi pensione (escluse le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi interni) registra la prevalenza della quota in obbligazioni governative e altri titoli di debito, per il 53,7% del patrimonio: il 16,8% sono titoli di debito pubblico italiano.

In aumento al 22,6% i titoli di capitale (rispetto al 19,6% del 2020) e anche le quote di OICR, passate dal 15,5 al 16%.

I depositi si attestano al 6,7%.

Pur con un’elevata volatilità, l’andamento dei mercati finanziari nel 2021 è stato nel complesso positivo grazie alle iniziative messe in atto da Governi e Banche centrali per fronteggiare la pandemia, sostenendo la domanda a livello globale e alla diffusione dei vaccini, con il conseguente allentamento delle restrizioni. Ne hanno beneficiato anche i rendimenti dei fondi pensione.

Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali e i fondi aperti hanno avuto in media un rendimento pari, rispettivamente, al 4,9 e al 6,4 per cento; per i PIP “nuovi” di ramo III, il rendimento è stato dell’11 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo 3 storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,3 per cento.

Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato, al netto delle tasse, del 3,6 per cento. Considerando gli ultimi 10 anni, il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato del 4,1 per cento, quello dei fondi pensione aperti il 4,6 per cento e quello dei PIP “nuovi” di ramo III il 5 per cento, mentre è stato del 2,2 per quelli di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua del TFR è stata dell’1,9 per cento.

Oltre all’asset allocation adottata, alle differenze di rendimento tra le forme contribuiscono anche i divari nei livelli di costo. I PIP restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) è in media del 2,18 per cento (1,88 per cento per le gestioni separate di ramo I e 2,34 per le gestioni di ramo III). Si osserva inoltre una accentuata dispersione dei costi dei PIP offerti sul mercato. Si conferma, invece, la minore onerosità dei fondi pensione negoziali: sul medesimo orizzonte temporale, l’indicatore è dello 0,45 per cento. È dell’1,36 per cento per i fondi pensione aperti. L’attività di vigilanza Nel 2021 le iniziative di vigilanza sui diversi aspetti della gestione dei fondi pensione sono state oltre 1.000, cui hanno fatto seguito circa 400 interventi autorizzativi o correttivi.

Nella complessiva azione di vigilanza, nell’anno trascorso l’Autorità ha prestato particolare attenzione alle modifiche apportate ai sistemi di governo dei fondi pensione, i quali sono stati interessati anche dall’introduzione e dalla disciplina delle cosiddette “funzioni fondamentali” (funzione di risk management, funzione di revisione interna, funzione attuariale) e dalla previsione di specifici requisiti per i soggetti responsabili delle stesse e per i direttori generali dei fondi. Su tali aspetti sono state effettuate analisi volte a esaminare le soluzioni adottate e verificare la correttezza dell’adeguamento.

Altre iniziative di vigilanza hanno riguardato le verifiche in tema di trasparenza, in relazione alle novità introdotte con le istruzioni emanate alla fine del 2020, che hanno preso a riferimento un campione significativo di fondi pensione e hanno interessato sia la nota informativa, documento fornito nella fase precontrattuale, sia il sito web.

La COVIP ha inoltre condotto una prima indagine conoscitiva sull’integrazione dei criteri ESG nelle politiche di investimento delle forme pensionistiche complementari.

Dall’indagine è emerso che alla fine del 2021 circa il 30 per cento delle forme pensionistiche complementari integrano i fattori di sostenibilità nei propri processi di investimento con riguardo ad almeno uno dei comparti offerti.

I comparti caratterizzati da una politica di investimento “sostenibile” detengono circa il 26 per cento del totale delle masse gestite dai fondi pensione. Per la maggior parte si tratta di comparti che promuovono caratteristiche ambientali o sociali (“light green”) mentre risultano ancora marginali quelli le cui politiche di investimento perseguono obiettivi di sostenibilità (“dark green”).

Di particolare rilievo è stata anche nel 2021 l’attività riguardante le operazioni di razionalizzazione, concentrazione e liquidazione delle forme pensionistiche complementari, operazioni motivate principalmente dall’esigenza di raggiungere assetti dimensionali più consistenti e di adeguare la configurazione del sistema di previdenza complementare all’evoluzione dei gruppi societari. Le operazioni di razionalizzazione hanno in primo luogo interessato, come negli anni precedenti, i fondi pensione preesistenti, in particolare quelli di 4 riferimento di gruppi bancari e assicurativi.

E’ inoltre continuato il monitoraggio dei fondi pensione preesistenti esposti a rischi biometrici e dei piani di dismissione immobiliare degli stessi fondi che detengono direttamente immobili in misura superiore al limite del 20% delle proprie disponibilità totali.

Il 2021 è stato caratterizzato dal completamento della regolamentazione attuativa delle disposizioni di recepimento della Direttiva IORP II.

Dopo le Direttive alle forme pensionistiche complementari, volte a dettare ai soggetti vigilati istruzioni per il recepimento delle nuove disposizioni nei relativi ordinamenti interni; le Istruzioni in materia di trasparenza, con le quali sono stati raccolti in un unico atto normativo tutti gli adempimenti con finalità di informativa in fase di adesione e di partecipazione ai fondi pensione, valorizzando anche, in tale ambito, l’utilizzo di strumenti informatici e procedure online e il Regolamento sulle modalità di adesione alle forme pensionistiche complementari, adottate nel corso del 2020, l’Autorità ha emanato, nella prima parte del 2021, le Istruzioni in materia di fondi pensione aperti, tese a dare effettività all’applicazione delle previsioni sugli IORP, conciliandole, anche a esito di un fattivo confronto con le Autorità di vigilanza sui soggetti promotori (Banca d’Italia, CONSOB, IVASS), con i presidi di governance già attuati dagli intermediari in base alla propria disciplina di settore; i nuovi Schemi di Statuto dei fondi pensione negoziali e di Regolamento dei fondi pensione aperti e dei PIP, strumenti di ausilio agli operatori per una ordinata attività di adeguamento degli ordinamenti interni e dei presidi funzionali alle novità intervenute negli ultimi anni; il Regolamento per le procedure di autorizzazione e approvazione di competenza della COVIP e il Regolamento in materia di procedure sanzionatorie, anch’essi adeguati alle sopravvenute disposizioni normative.

Il 2021 ha dunque visto il pieno completamento del quadro regolatorio di competenza della COVIP, per l’attuazione delle novità introdotte con il recepimento della Direttiva IORP II. Lo svolgimento di procedure di pubblica consultazione, che ha preceduto ciascun atto, ha consentito di verificare il percorso e arricchito la riflessione; l’attività di supporto ai fondi, che l’Autorità ha svolto nella prima fase di adeguamento degli assetti interni, testimonia l’attenzione che da sempre la COVIP pone all’esigenza di assicurare ordine e rigore nelle fasi di passaggio rilevanti per l’intero sistema.

L’introduzione dei Pan-European Personal Pension Products (PEPP), nuovi strumenti di previdenza complementare di tipo individuale di cui al Regolamento europeo approvato nel 2019, costituisce un‘ulteriore area trattata nelle Considerazioni, muovendo dal convincimento che i PEPP possano svolgere un ruolo positivo nel sistema, intensificando la concorrenza e dunque migliorandone l’efficienza.

Questo richiede che un approccio equilibrato, già a partire dal modello di vigilanza: serve infatti una effettiva progressiva armonizzazione delle pratiche di vigilanza a livello europeo; occorre anche la chiara conferma, a livello nazionale, del modello già in vigore per le forme pensionistiche complementari di tipo individuale (fondi aperti e PIP), che prevede una competenza concorrente tra la vigilanza della COVIP, sulla natura previdenziale dei prodotti e gli aspetti connessi, e la vigilanza delle altre Autorità di settore, prevalentemente con finalità di stabilità delle imprese bancarie, finanziarie e assicurative.

Con riguardo alla diffusione dei PEPP, svolgerà un ruolo importante anche il regime fiscale.

In attuazione dei criteri previsti dalla Legge di delegazione europea 2019-2020, ai PEPP dovranno essere estesi benefici fiscali analoghi a quelli riconosciuti alle forme pensionistiche nazionali. Sarà importante calibrare i benefici in modo da realizzare un campo di gioco livellato in cui si possa pienamente dispiegare la concorrenza con i prodotti esistenti. In tale quadro, va fatta una riflessione attenta sull’applicazione del medesimo regime di agevolazioni a PEPP che adottino modelli non consentiti alle forme nazionali, quali le gestioni individuali di portafoglio. Le gestioni individuali, tipicamente più costose delle gestioni collettive e rivolte a una collettività più abbiente, non integrano quelle caratteristiche di accessibilità da parte di platee ampie e diversificate, che rendono meritevoli i prodotti previdenziali di un regime di agevolazioni.

In materia di scelte di governance, da una prima analisi su fondi pensione negoziali emerge una presenza femminile assai modesta nella composizione dei consigli di amministrazione.

I fondi pensione sono chiamati a farsi interpreti di un passaggio che porti ad aumentare in maniera significativa tale partecipazione.

Sotto diverso profilo, è cruciale che i fondi pensione proseguano nel percorso di sviluppo tecnologico, al quale anche, in sede di recepimento della Direttiva IORP II, l’Autorità ha voluto dare impulso.

I siti web dei fondi pensione sono sempre più chiamati ad avere un ruolo centrale nei rapporti con i potenziali aderenti e con gli aderenti. Attraverso i siti web è possibile anche semplificare il processo di adesione, con l’iscrizione online, modalità che può anche concorrere a incentivare la partecipazione alla previdenza complementare.

Secondo l’Autorità, è d’obbligo che i fondi pensione prestino la massima attenzione anche ai profili di sicurezza informatica, pure richiamati nelle istruzioni dettate dalla COVIP.

Il rafforzamento strutturale in corso consente ai fondi di affrontare con maggiore consapevolezza ed efficacia anche le sfide legate alla gestione delle risorse. Tra queste, si pone primariamente quella riguardante l’integrazione dei criteri ESG (Environment, Social, Governance) nelle politiche di investimento, sotto il profilo sia della gestione del rischio sia degli obiettivi che i fondi intendono perseguire rispetto agli investimenti sostenibili. La sfida della sostenibilità è epocale, e potrà essere positivamente affrontata solo con politiche coordinate, volte anche a determinare un riorientamento di stili di vita e abitudini di consumo. Se ciò non dovesse avvenire, tale sfida rischia di produrre soluzioni incapaci di incidere sui fondamentali ed esposte a favorire pericolose bolle speculative.

A fronte di una sostanziale solidità dei fondi pensione, il contesto macroeconomico e sociale che si è delineato e si sta delineando rischia pericolosamente di allontanare gli individui più fragili nella loro condizione di occupazione (prevalentemente giovani e donne) dalla prospettiva delle scelte di lungo termine.

I fondi pensione accolgono prevalentemente uomini di età matura, residenti nel Nord del Paese, inseriti in imprese ragionevolmente più solide e in grado di dare continuità ai flussi di finanziamento. Donne, giovani, lavoratori delle aree meridionali continuano a essere in modo preoccupante più assenti dal settore della previdenza complementare.

La situazione rende ancora più complesso affrontare la sfida dell’inclusione previdenziale, su cui già da tempo la COVIP richiama l’attenzione con preoccupazione.

La previdenza complementare deve completare la protezione offerta dalla previdenza di base integrando le prestazioni erogate da quest’ultima. Non deve quindi trascurarsi il ruolo di interventi mirati sul sistema degli incentivi all’adesione e alla contribuzione, interventi che tengano conto di un modello del mercato del lavoro in cui uno spazio sempre più ampio hanno guadagnato i cosiddetti lavori non-standard.

Le agevolazioni previste per favorire la partecipazione e l’adeguatezza dei flussi contributivi potrebbero essere meglio direzionate, ad esempio trasformando gli incentivi fiscali in interventi finanziari a favore delle categorie più deboli. In un’ottica di efficientamento della spesa pubblica, è una scelta ottimale investire risorse su quei segmenti della popolazione più bisognosi di protezione sociale.

Andrebbe anche valorizzata la possibilità – oggi prevista solo nella fase di ingresso nel mercato del lavoro – di riportare in anni successivi la deducibilità non goduta in un determinato periodo di imposta. Le adesioni e le contribuzioni sono più basse nelle imprese piccole e più alte nei settori caratterizzati da imprese di più grandi dimensioni.

Dal superamento della previsione normativa che stabilisce che per le imprese con meno di 50 addetti il TFR non devoluto a previdenza complementare rimanga presso il datore di lavoro potrebbe derivare un nuovo impulso alla crescita del sistema.

Per ampliare adesione e protezione potrebbe essere utile riproporre il meccanismo del silenzio-assenso già utilizzato nel 2007 nel nostro Paese. L’efficacia dipenderà dalle modalità della sua concreta realizzazione: deve valorizzare realmente il silenzio al fine dell’adesione, avere un funzionamento semplice e rendere immediatamente chiari e percepibili i benefici dell’adesione. Ma deve anche essere adottato in fasi di relativa stabilità dei mercati finanziari.

Andrebbe rivista l’opzione di investimento di default per le adesioni tacite, ancora oggi consistente nel comparto garantito: una soluzione più promettente è il ricorso a meccanismi life-cycle, in grado di ottimizzare l’esposizione al rischio nell’orizzonte temporale proprio di ciascun aderente.

La stessa disciplina dei comparti garantiti andrebbe ripensata. L’esperienza di questi ultimi anni ha mostrato la debolezza del sistema nel dover assicurare gestioni garantite aventi caratteristiche strutturali predeterminate. Analogamente a quanto avviene per i PEPP, è possibile valorizzare, in alternativa a gestioni garantite, l’impiego di tecniche di mitigazione del rischio, assimilando dunque i prodotti garantiti a quelli con protezione.

L’accessibilità al sistema di previdenza complementare dipende anche dal grado di concorrenza nel sistema. Ad oggi, i risultati sono insoddisfacenti. In un quadro regolamentare sostanzialmente omogeneo, che parifica forme di mercato a forme non di mercato anche nei benefici fiscali, i PIP e i fondi pensione aperti continuano a costare di più rispetto ai fondi negoziali.

Andrebbe valutata la possibilità di usare gli incentivi all’adesione e alla contribuzione in un’ottica di promozione dell’efficienza e della concorrenza.

Poco competitivo è anche il “mercato delle rendite pensionistiche”: i dati evidenziano una scarsa propensione dei lavoratori a trasformare in rendita la posizione previdenziale accumulata, preferendo l’erogazione in capitale. In tale contesto, la COVIP sta valutando spazi e modalità per contribuire a un migliore disegno delle prestazioni a scadenza, anche attraverso proposte di rendite diverse dalle rendite vitalizie tradizionali, ma comunque in grado di mitigare il rischio di longevità.

All’obiettivo della consapevolezza e della corretta pianificazione previdenziale contribuisce in modo rilevante la conoscenza circa le ragionevoli aspettative di copertura previdenziale da parte del primo pilastro; l’INPS ha avviato, per quanto di competenza, un progetto importante, che andrebbe ulteriormente potenziato e diffuso. Il contesto sociale è sempre più caratterizzato da bisogni di sanità e assistenza, che si aggiungono a quelli previdenziali. Il modello dei fondi negoziali di settore è un esempio positivo di organizzazione che ha consentito di realizzare, anche con il contributo fattivo e continuo delle parti sociali, partecipazione nella governance, rapporti equilibrati e collaborativi con il sistema finanziario, dimensioni adeguate, economie di scala, costi limitati, rendimenti soddisfacenti. Ciò consente di guardare ad esso anche in una prospettiva più estesa, ampliandone le funzioni nella direzione di un sistema di welfare integrativo integrato. 

ACDR