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Quale futuro per le nostre pensioni ? Riflessioni nel mese dell'educazione finanziaria


Negli ultimi decenni il Parlamento, mosso da esigenze di controllo e contenimento delle spese, è intervenuto a più riprese per correggere le regole del sistema previdenziale nel tentativo di razionalizzare la spesa futura.

L’intervento più radicale è stata la riforma Dini del 1995 con l’abbandono del criterio retributivo a favore del metodo contributivo.

Ciò ha consentito di proporzionare l’importo della pensione ai contributi versati con ovvia riduzione della spesa pensionistica. In aggiunta, il modesto sviluppo economico del Paese ha ridotto ulteriormente l’importo delle pensioni. Infatti nell’ultimo decennio la crescita del PIL non ha mai superato , in media, l’1% e, negli anni più duri della crisi, è stata addirittura negativa, rendendo bassa la redditività dei contributi versati. A parità di contributi versati, si afferma che ogni punto in meno di PIL equivalga, dopo 35 anni, a una rendita pensionistica più bassa del 16%.

E allora perché non affidarsi ad un piano di previdenza complementare ?

I dati sono già di per se sufficienti per comprendere la necessità di integrare la pensione pubblica con piani di previdenza complementare ( leggi la Guida introduttiva alla previdenza complementare ) . Secondo i numeri della COVIP - Autorità di controllo sui fondi pensione ella previdenza complementare - a fine 2017 erano 8,3 milioni gli italiani iscritti a fronte di 161 miliardi di euro accantonati per le future prestazioni ( meno del 5% delle attività finanziarie gestite dalle famiglie ). Nonostante garantisca rendimenti che possono risultare superiori alla previdenza pubblica, grazie all’investimento dei contributi in prodotti finanziari (garantiti; obbligazionari e azionari) e, nonostante sia previsto un consistente incentivo fiscale, i numeri della previdenza complementare non sono ancora convincenti. Dove possono essere rintracciate le ragioni del non soddisfacente andamento della previdenza complementare dal 2005 ad oggi?

La colpa non è solo della crisi economica e della limitatezza delle risorse che ciascuna famiglia può destinare al risparmio previdenziale; va riscontrato un livello ancora elevato di analfabetismo previdenziale tanto più grave perché con l’attuale sistema di calcolo contributivo, solo stimando la propria pensione pubblica in anticipo si può eventualmente integrarla.

In una recente ricerca realizzata da Ania e GFK su un campione di 600 contribuenti, il 74% degli interpellati si sono detti preoccupati per il futuro economico che li aspetta quando smetteranno di lavorare; una preoccupazione più che fondata se si pensa che l’importo della pensione in futuro potrà raggiungere solo il 60% dell’ultimo stipendio rispetto al 80% degli anni d’oro. Fa riflettere poi che una percentuale altrettanto alta di intervistati non conosce l’età in cui andrà in pensione e tanto meno l’ammontare della sua rendita.

Il mese dell’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale promosso ogni anno da COVIP e INPS ha il proposito di diffondere la cultura dell’informazione per i contribuenti e la trasparenza degli enti gestori.

Ormai da tre anni l’INPS, nell’ambito di un’iniziativa di trasparenza, ha reso disponibile sul proprio portale il simulatore web “ La Mia Pensione” per consentire ai propri iscritti di conoscere quale sarà presumibilmente la propria pensione al termine dell'attività lavorativa. Tale strumento può essere utilizzato dai lavoratori iscritti all'INPS che dispongano del PIN di accesso alla propria area riservata. Oltre a verificare i contributi versati e la data in cui si maturerà il diritto alla pensione, attraverso il motore di calcolo è possibile simulare quale sarà presumibilmente l'importo della pensione obbligatoria al termine dell'attività lavorativa. Il calcolo tiene conto della normativa in vigore e si basa su determinati parametri, quali l'età, i contributi versati e la retribuzione percepita nel corso dell'attività lavorativa, nonché di alcune ipotesi riguardanti l'andamento futuro dell'economia.

Altra iniziativa, stesso proposito: la busta arancione. Già la riforma Dini aveva previsto il recapito con cadenza annuale di un estratto conto a ciascun contribuente. Il riferimento era alla cd. Busta arancione che, sull’esempio della Svezia, si pensava di recapitare ai futuri pensionati. In questo la previdenza complementare e i fondi di gestione sono stati dei precursori. Fin dalla loro creazione nel 2005, erano previsti degli obblighi informativi nei confronti del contribuente con cadenza periodica. Ebbene le prime buste della previdenza sono state recapitate dall’INPS solo nella primavera del 2016, con 20 anni di ritardo imputabili a ragioni più politiche che tecniche. Solo recentemente il presidente Tito Boeri affermato pubblicamente di voler estendere il recapito della busta ad una platea sempre maggiore di lavoratori

Pianificare il proprio futuro per disporre di risorse adeguate per fronteggiare l’ultima fase del ciclo di vita, rappresenta una questione centrale di cittadinanza economica, che solo scelte consapevoli e informate possono rendere pienamente effettiva.

Fonte: COVIP & ANIA