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DL 21 ottobre 2021 n 146 : altre settimane di ammortizzatori COVID-19


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L’art. 11 del DL 21 ottobre 2021 n 146, decreto che ora è all’esame del Parlamento ai fini della conversione in legge, reca “Ulteriori disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale”. Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 ottobre e, pertanto, è in vigore dal successivo 22 ottobre, anche per quanto riguarda le predette ulteriori disposizioni. 

Si tratta di un intervento che prevede l’impiego degli ammortizzatori sociali “per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19”

Con esso si resta ancora nell’ambito della legislazione emergenziale ma ora, in questo scorcio del 2021, con una peculiarità. 

Anche il recente Documento programmatico di bilancio 2022, già approvato dal Consiglio dei Ministri, ha confermato che la legge di bilancio del prossimo anno sarà il provvedimento di attuazione della tante volte annunciata riforma degli ammortizzatori sociali. 

Ammortizzatori Covid-19 e ammortizzatori rinnovati dalla riforma, quindi, si sforeranno: i secondi verosimilmente entreranno in vigore dal 1° gennaio 2022; i primi, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 146, resteranno in vigore fino al 31 dicembre 2021. 

Può succedere che nella prima parte del nuovo anno vengano a convivere? 

Da un punto di vista generale, non c’è da augurarselo: l’individuazione di fine 2021 come termine di cessazione degli ammortizzatori Covid-19 ingloba la considerazione che lo scemare della emergenza epidemiologica e la ripresa dell’economia si affermino ancor più nel 2022,non potendosi allo stato sottacere che, da una parte, la riforma è destinata ad assorbire risorse pubbliche e, dall’altra, che gli ammortizzatori non COVID-19 per diversi e profili sono diversi da quelli COVID-19. 

I datori di lavoro destinatari nell’ambito della legislazione emergenziale dell’assegno ordinario o della cassa integrazione in deroga COVID-19.

A questi datori di lavoro, in virtù del precedente d.l. n. 41 2021 (l. conv. n.69/2021), sono state riconosciuti, a seconda dei casi, l’assegno o cassa in deroga COVID-19 per una durata massima di 28 settimane nel periodo tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021. 

Ebbene, il nuovo decreto legge consente ai medesimi datori di lavoro la facoltà di richiedere ulteriori 13 settimane tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021, sotto la condizione che a favore degli stessi sia stato già interamente autorizzato il periodo di 28 settimane di cui al d.l. n. 41 e sia decorso il periodo autorizzato e con riferimento ai lavoratori in forza alla data del 22 ottobre 2022 (data di entrata in vigore del decreto). Per le 13 settimane non è dovuto alcun contributo addizionale da parte dei datori di lavoro (al pari di quanto è stato previsto dal d.l. n. 41 per le 28 settimane). 

La concessione delle 13 settimane incontra, peraltro, un limite di carattere finanziario: esse, infatti, possono essere concesse nel limite massimo di spesa pari a 657, 9 milioni di euro per l’anno 2021 (304, 3 milioni per gli assegni ordinari, 353, 6 milioni per la cassa in deroga). 

Datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e della fabbricazione di articoli in pelle e simili (Codici ATEC O 13, 14, 15) 

A questi datori di lavoro, in virtù del precedente d.l. n. 73/2021(l. conv. n.130/2021), a decorrere dal 1° luglio 2021 è stata concessa, previo accordo in sede governativa, la possibilità di presentare domanda per il trattamento ordinario di cassa integrazione per una durata massima di 17 settimane nel periodo tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021. 

Ebbene, il nuovo decreto legge consente ai medesimi datori di lavoro la facoltà di richiedere ulteriori 9 settimane tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021, sotto la condizione che a favore degli stessi sia stato già interamente autorizzato il periodo di 28 settimane di cui al d.l. n.373 e sia decorso il periodo autorizzato e con riferimento ai lavoratori in forza alla data del 22 ottobre 2022 (data di entrata in vigore del decreto). 

Per le 9 settimane non è dovuto alcun contributo addizionale da parte dei datori di lavoro (al pari di quanto è stato previsto dal d.l. n. 73 per le 17 settimane). La concessione delle 9 settimane incontra, peraltro, un limite di carattere finanziario: esse, infatti, possono essere concesse nel limite massimo di spesa pari a 140,5 milioni di euro per l’anno 2021 (304, 3 milioni per gli assegni ordinari, 353, 6 milioni per la cassa in deroga).

I termini per presentare le domande all’Inps 

Per ottenere i trattamenti di cui ai due precedenti punti, le relative domande sono da inoltrare all'INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell'attività lavorativa. 

In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato entro la fine di novembre 2021, mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto n. 146. 

Il pagamento delle prestazioni da parte dell’Inps (in alternativa all’anticipazione da parte dei datori di lavoro e al successivo conguaglio)

In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell'INPS, ferma restando la possibilità di ricorrere all'anticipazione, il datore di lavoro è tenuto a inviare all'Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell'integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall'adozione del provvedimento di concessione. 

In sede di prima applicazione, i predetti termini sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente. 

I Fondi di solidarietà bilaterali alternativi. 

I Fondi di solidarietà bilaterali alternativi, previsti dall'articolo 27 del d. lgs. n. 148/2015 e riguardanti il settore dell’artigianato e il settore della somministrazione di lavoro, nell’erogare l’assegno ordinario COVID 19 seguono le modalità illustrate nel precedente punto 2 con riferimento agli altri fondi di solidarietà. 

I Fondi di solidarietà bilaterali alternativi, previsti dall'articolo 27 del d. lgs. n. 148/2015 e riguardanti il settore dell’artigianato e il settore della somministrazione di lavoro, nell’erogare l’assegno ordinario COVID 19 seguono le modalità illustrate nel precedente punto 2 con riferimento agli altri fondi di solidarietà.

L’art. 8, comma 7, del d.l. 41/2021 ha dedicato ai fondi alternativi 1.100 milioni di euro per il 2021.

Il recente decreto legge ridetermina le predette risorse in 844 milioni di euro a valere sulle quali è garantita anche l'erogazione dell'assegno ordinario per gli altri fondi e le risorse previste dall’art. 1, comma 303, della legge di bilancio 20212 sono rideterminate in 700 milioni di euro. I Fondi erogano l'assegno ordinario nel limite delle suindicate risorse. 

Preclusione dei licenziamenti per ragioni aziendali 

Ai datori di lavoro che presentano domanda di ammortizzatori sociali considerati nei precedenti punti 2, 3 e 6 resta precluso l'avvio delle procedure di licenziamento collettivo (artt. articoli 4, 5 e 24 della l. n. 223/1991), preclusione che opera per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale. 

Ai medesimi datori di lavoro resta, altresì, preclusa, nel medesimo periodo e indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano sospese le procedure di conciliazione in corso presso l’Ispettorato del lavoro (art. 7 l. n. 604/1966). 

Le sospensioni e le preclusioni non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell'attività dell'impresa oppure dalla cessazione definitiva dell'attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell'attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa (art. 2112 c.c.) del c.c. o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di disoccupazione NASPI. 

Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l'esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell'azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.