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INPS - Circ. n. 66 del 31.03.2017: Unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze. Risvolti in materia di obbligo assicurativo presso le gestioni dei lavoratori autonomi artigiani e commercianti.


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Con la Circolare n. 66 del 31 marzo 2017, l’Inps fornisce le prime istruzioni in merito all’incidenza delle nuove disposizioni normative in tema di unioni civili e convivenze di fatto sulla disciplina degli obblighi previdenziali posti a carico degli esercenti attività d’impresa (L. n. 76/16 – art.1, commi 2-35 e commi 36-65).

UNIONI CIVILI: La L. n. 76/16 riconosce l’equiparazione tra “coniuge” e ciascuna delle parti dell’unione civile. Pertanto, qualsiasi disposizione normativa, regolamentare o amministrativa, oltreché tutte le disposizioni del codice civile espressamente richiamate dalla legge n. 76/16, che contengano la parola “coniuge”, devono intendersi riferite anche ad ognuna delle parti dell’unione civile. La suddetta equiparazione tra il coniuge ed ognuna delle parti dell’unione civile comporta la necessità di estendere le tutele previdenziali in vigore per gli esercenti attività autonoma anche ai coadiuvanti uniti al titolare da un rapporto di unione civile, registrato ai sensi di legge e comprovato da una dichiarazione sostitutiva della dichiarazione di cui all’art. 1, comma 9 della legge n. 76/2016 e all’art. 7 del DPCM n. 144/2016.

CONVIVENZE DI FATTO: La nuova normativa estende al convivente alcune tutele, espressamente indicate, riservate al coniuge o ai familiari, ad esempio in materia penitenziaria, sanitaria, abitativa, ma non introduce alcuna equiparazione di status, né estende al convivente, per quanto di interesse, gli stessi diritti/obblighi di copertura previdenziale previsti per il familiare coadiutore. Pertanto, il convivente di fatto, non avendo lo status di parente o affine entro il terzo grado rispetto al titolare d’impresa, non è contemplato dalle leggi istitutive delle gestioni autonome quale prestatore di lavoro soggetto ad obbligo assicurativo in qualità di collaboratore familiare. Le sue prestazioni saranno quindi valutabili, in base alle disposizioni vigenti ed alle elaborazioni giurisprudenziali, al fine di individuare la tipologia di attività lavorativa che si adatti al caso concreto. E’ utile evidenziare, inoltre, che il comma 46, che aggiunge l’art. 230 ter al codice civile, attribuisce al convivente, “che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa dell'altro convivente“, il diritto di “partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, commisurata al lavoro prestato”, a meno che non sussista già tra le parti un rapporto di subordinazione o di società. A seguito delle opportune istruzioni che saranno emanate dalla competente autorità finanziaria, per regolamentare gli aspetti fiscali della illustrata innovazione legislativa e le eventuali problematiche connesse, l’Istituto procederà ai conseguenti approfondimenti, utili ad individuare la corretta lettura dei dati reddituali forniti periodicamente dall’Agenzia delle Entrate.