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13 obiettivi centrati su 51 per il PNRR. Riforme traino per l'occupazione


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5 investimenti e 8 riforme: sono i primi risultati della Relazione del monitoraggio e lo stato di attuazione delle misure previste dal Recovery Plan nel 2021, discussa in Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi.

Al 22 settembre, l’Italia è a quota 13 obiettivi conseguiti: 5 investimenti (pari al 21% del totale) e 8 riforme (pari al 30% del totale). Tra questi: la riforma della Pubblica amministrazione e quella del processo penale, il rifinanziamento del fondo Simest a sostegno dell'export e la riforma quadro in materia di appalti pubblici e concessioni. 

Per rispettare gli impegni presi con Bruxelles e incassare la prima rata in scadenza a fine anno, dopo l’anticipo di agosto, il Governo e le amministrazioni hanno ancora della strada da fare. I grafici inclusi nella relazione rappresentano proprio un monito in tale direzione: ai ministeri spetta ora il compito di accelerare, mettendo a punto “un preciso piano di adozione delle riforme e di compiuta realizzazione degli interventi da attuare entro il 31 dicembre 2021, in modo da consentire un costante monitoraggio delle specifiche tappe da rispettare”

Secondo le stime del MEF , i fondi del PNRR avranno un effetto positivo sull’occupazione pari al 3,2% rispetto all’andamento dell’occupazione in assenza di tali investimenti, questo in termini assoluti verrebbe tradotto in 733mila nuovi posti di lavoro. A trainare la crescita occupazionale saranno le categorie oggi maggiormente penalizzate, ossia giovani e donne. Per loro si prevede un incremento occupazionale di 380mila unità per le donne e di 81 mila per i giovani. 

Tra le riforme trainanti non solo politiche attive ma soprattutto trasformazione digitale e sostenibilità, per le quali sarà necessario formare con nuove competenze per il digitale, oltre a gestire i processi di trasformazione per i business più tradizionali. 

Con riferimento ai giovani, la speranza è che le risorse destinate dal PNRR alla formazione professionale possano contribuire al rilancio degli ITS, riducendo il mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Secondo le stime di un recente studio Censis-Confcooperative, il mancato incontro fra offerta e domanda di lavoro costa all’ Italia oltre 21 miliardi ed equivale 1,2 punti percentuali di PIL (la previsione per il 2021 è pari a 1.751 miliardi ). 

Come sottolineato mensilmente dal Sistema Informativo di Unioncamere e ANPAL, il fenomeno ha raggiunto ormai dimensioni elevate tali da rendere fortemente difficile un’assunzione su tre, dato che sale a una su due per i profili appartenenti ai profili tecnico scientifici. I motivi, ormai noti da tempo , sono da rintracciare in un sistema scolastico che fornisce ai propri studenti competenze non in linea con le richieste del mercato del lavoro.