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Dl Concorrenza : Buoni pasto , tetto del 5% alle commissioni applicate agli esercenti.


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Il ruolo strategico dei buoni pasto nell’ambito del welfare è confermato dall’ ampio ricorso allo strumento fatto dalla grande maggioranza delle aziende che non dispongono di mensa aziendale.

Quest’ ultime comprano dalle società emettitrici il buono pasto per i propri dipendenti che possono spenderlo in una ampia rete di esercizi commerciali convenzionati. Al tempo stesso, le società che emettono i buoni applicano uno sconto per le aziende sul prezzo d’acquisto variabile tra il 15 e il 20% sul totale dell’investimento fatto dall’impresa. Per le società emettitrici questo sconto è possibile in quanto applicano una commissione, ovvero una trattenuta dal valore nominale del buono, in una percentuale che varia dal 5-7% fino al 18-20% con evidenti ricadute economiche sugli esercizi commerciali. 

L’accettazione dei buoni può infatti essere un incentivo per lavoratori e lavoratrici a spendere in un dato esercizio piuttosto che in un altro ma, vista la crescita esponenziale delle commissioni, gli esercenti sono stati chiamati negli ultimi anni ad effettuare delle valutazioni di convenienza e talvolta  a rifiutare i buoni o, in alternativa, a selezionare quelli che impattano in misura minore sui propri fatturati.

Considerando quanto appena descritto, per ovviare a tale inconveniente, La Legge 16 dicembre 2024 n. 193  ha istituito un nuovo tetto per le commissioni dei buoni pasto nel settore privato.

Con l'art. 37 viene infatti estesa l’applicazione del limite del 5 per cento alle commissioni, disposto dall’art. 131, comma 5, lett. c), D. Lgs. 36/2023 per i contratti pubblici, a tutti gli accordi, comunque denominati, stipulati dalle imprese che emettono buoni pasto, cartacei o elettronici, non rientranti nell’ambito di applicazione del Codice degli appalti. 

Quindi per gli accordi futuri andrà previsto , quale corrispettivo richiesto agli esercenti da parte delle imprese che emettono buoni pasto, un importo, che remunera anche ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti, non superiore al 5 % del valore nominale del buono pasto. Le eventuali clausole contrattuali contrarie alle disposizioni sopra citate sono nulle e sono sostituite di diritto.

Tuttavia, il nuovo testo prevede che per tutti i ticket emessi entro il 1° settembre del prossimo anno saranno applicate ancora le vecchie condizioni, cioè quelle già concordate con gli esercenti prima dell’entrata in vigore della legge, non oltre il 31 dicembre 2025

Infine, per consentire il riallineamento degli accordi contrattuali che legano l’impresa emittente ai datori di lavoro, fatta salva la possibilità di rinegoziare i contratti, le imprese emittenti i buoni pasto potranno recedere dai contratti già conclusi con i datori di lavoro senza indennizzi o oneri , in deroga alle regole che disciplinano il recesso unilaterale dal contratto previste all’art. 1671 del Codice Civile.

La nuova disposizione, accolta con particolare favore dagli esercenti commerciali e meno dalle società emettitrici, apre il campo a due possibili scenari per le aziende.  Da un lato, le aziende più grandi con maggiori disponibilità economiche saranno probabilmente in grado di coprire nell’immediato l’incremento dei costi ma a lungo termine potrebbero limitare i loro investimenti futuri in  buoni pasto o compensare con il budget complessivo destinato al welfare. Dall’altro, per le organizzazioni più piccole in cui i buoni pasto sono frutto di una scelta unilaterale del datore di lavoro, ci potrebbe essere una immediata riduzione drastica della spesa per far fronte agli aumenti.