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Qual è il peso dei premi e del welfare nella remunerazione del lavoro?


welfare aziendale

Come ogni anno Confindustria ha realizzato l’indagine sul mercato del lavoro e le politiche di remunerazione e organizzazione del lavoro. Anche se i dati sono parziali, in quanto riconducibili al solo alveo delle consociate Confindustria, emergono delle interessanti conclusioni:

1. Cresce il numero di imprese con contratti aziendali che prevedono l’erogazione di premi variabili collettivi o forme di welfare aziendale:

Oltre un’impresa su 5 applica contratti aziendali che prevedono l’erogazione di premi variabili collettivi. La quota sale al 29% nell’industria.

Negli anni, anche sulla scia del regime fiscale agevolato riconosciuto in via strutturale alle retribuzioni premiali legate a incrementi di produttività aziendale, la diffusione della contrattazione di secondo livello è cresciuta: tra i 2 e i 5 punti percentuali dal 2017 al 2019, sulla base delle risposte delle imprese che hanno partecipato alle ultime tre edizioni dell’Indagine.

2. Lavoro agile in quasi un’azienda su dieci, con ottime prospettive…

Sulla base della rilevazione effettuata nei primi mesi del 2019, si stima che l’8,9% delle imprese associate a Confindustria abbia introdotto forme di smart working, una su 5 tra quelle con 100 o più addetti (20%). La diffusione è mediamente più ampia nei servizi che nell’industria (11% rispetto a 7,3%).

Si stima che un altro 10% di aziende, pur non avendolo ancora introdotto, consideri il lavoro agile un tema interessante da affrontare.

Con riferimento alle modalità di disciplina, tre volte su quattro, se introdotto, lo smart working è regolato solo da accordi individuali (76,4%). Vi è un 19,5% di aziende che tuttavia ha introdotto anche una regolamentazione aziendale e un 8,6% che include il tema nella contrattazione collettiva aziendale.

Nelle imprese più grandi è più frequente che agli accordi individuali si affianchi anche una regolamentazione aziendale (29,8% dei casi) e/o la contrattazione aziendale (22,7%).

3. Monitoraggio annuale delle assenze dal lavoro : In calo il fenomeno dell’assenteismo

Nel corso del 2018 le ore lavorabili pro-capite, al netto delle ore di Cassa Integrazione Guadagni, sono state mediamente pari a 1.653 (+0,6% rispetto al 20172). Di queste, 101 non sono state lavorate a causa delle assenze dal lavoro (retribuite e non), -6,5% dalle 108 nel 2017. Il tasso di assenteismo (calcolato come il rapporto tra le ore di assenza e le ore lavorabili) è risultato in calo, attestandosi al 6,1% dal 6,5% dello scorso anno.

La malattia non professionale si è confermata la causa più frequente di assenza (3,2% delle ore lavorabili), seguita dai congedi retribuiti (1,2%) e dagli altri permessi retribuiti (1,1%), che includono i permessi sindacali e quelli per visite mediche o accompagnamento parentale. L’incidenza delle assenze è risultata pari al 5,2% tra gli uomini e all’8,7% tra le donne. I congedi parentali spiegano quasi il 75% della differenza, essendo pari al 3,0% delle ore lavorabili per le donne e allo 0,4% per gli uomini, a causa degli oneri di accudimento familiare, visto che quelli a carico del genere femminile sono di gran lunga maggiori.

4. In ulteriore calo il ricorso alla CIG

Nel 2018, in media d’anno, scende ulteriormente la quota di imprese industriali che ha avuto almeno un lavoratore in Cassa Integrazione: l’ultima rilevazione indica una diffusione pari al 17,9% (era pari al 19,4% nel 2017, al 24,7% nel 2016 e 36,7% del 2015).

Dato che l’Indagine Confindustria raccoglie informazioni sul ricorso alla CIG durante l’intero anno precedente la rilevazione, non è possibile valutare variazioni in corso d’anno, quali l’aumento delle autorizzazioni di ore di CIG mappato invece negli archivi INPS a partire dall’autunno 2018 e confermato per la prima metà del 2019.

Se le autorizzazioni rimarranno elevate per il resto dell’anno in corso, il fenomeno sarà rilevato nella prossima edizione.

Fonte: Confindustria