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INAPP - Rapporto 2022 : Bassa produttività e bassi salari caratterizzano il mercato del lavoro


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Durante la pandemia il 35 % delle aziende è stata costretta ad introdurre nuove modalità di organizzazione del lavoro ma superata l’emergenza Covid-19 riemergono e tronano prioritari i problemi strutturali del mercato del lavoro. Il rapporto INAPP 2022 li rimarca efficacemente :  

Buona flessibilità e trappola del precariato - Nel 2021 il 68,9% dei nuovi contratti sono a tempo determinato (il 14,8% a tempo indeterminato). Nell’insieme il lavoro atipico (ovvero tutte quelle forme di contratto diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time) rappresenta l’83% delle nuove assunzioni con un aumento del 34% negli ultimi 12 anni. Un trend inequivocabile sul quale, come sottolineato da Fadda presidente INAPP, è opportuna più di qualche riflessione

Su quest' ultimo punto, come sottolineato da Sebastiano Fadda presidente dell’INAPP ( Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubbliche ) è opportuna qualche riflessione ulteriore e infatti : " Il tema del crescente aumento dei contratti non standard – ha precisato Fadda - rappresenta una costante del modello di sviluppo occupazionale italiano, che ha attraversato la prima crisi 2007-2008, sino a diventare requisito ‘strutturale’ della ripresa post Covid”. A dimostrazione di ciò l’analisi comparata longitudinale per i periodi 2008-2010, 2016-2018 e 2018-2021 di chi svolgeva un impiego precario. In tutti questi periodi la 'flessibilità buona' ha portato a un'occupazione stabile tra il 35 e il 40%. Dei rimanenti, sempre a distanza di tre anni, una quota ha continuato a svolgere un lavoro precario (tra il 30 e il 43% a seconda del triennio), un’altra ha perso l’impiego ed è in cerca di lavoro (16-18%), un’altra ancora è uscita dalla forza lavoro dichiarandosi inattiva (17% nel 2021, nel 2010 era il 3%).

Salario media annuale diminuito del 2,9% - Il nostro Paese nel corso degli ultimi 30 anni (1990 -2020) è l’unico ad aver registrato un calo dei salari (- 2,9%) a fronte di una crescita media dei Paesi OCSE del 38,5%. Nello stesso periodo la produttività è cresciuta del 21,9%, non sembrano dunque aver funzionato i meccanismi di aggancio dei livelli salariali alla performance del lavoro. Nell’ultimo decennio (2010-2020), in particolare, i salari sono diminuiti dell’8,3%.

Fabbisogni professionali e competenze - Nel 2021 solo 22,8% delle imprese italiane segnala la necessita di adeguare le conoscenze e le competenze di specifiche figure professionali. Sono le realtà produttive medio-grandi a registrare con maggiore frequenza la necessità di aggiornare le conoscenze e le competenze del personale (37,1% per le imprese con 50-249 addetti e 40,2% per quelle con 250 addetti e oltre). 

Lenta crescita dell'occupazione - In Italia il tasso di occupazione, sceso dal 58,8 al 56,8% all’inizio della pandemia, ha ripreso a crescere solo nel 2021 e ha impiegato 18 mesi per tornare ai livelli pre-crisi. Nei Paesi OCSE la risalita era già consistente nel secondo trimestre 2020 e si è completata in 15 mesi. Nel 2021 sono stati 11.284.591 le nuove assunzioni, con prevalenza della componente maschile: 54% contro il 46% per le donne.

Part-time involontario - Nel 2021 il part time involontario (la quota di lavoratori che svolgono un lavoro a tempo parziale non per scelta) rappresenta l’11,3% del totale dei lavoratori contro il solo 3,2% nell’area OCSE. Allo stesso tempo la tendenza alla riduzione dell’orario di lavoro sembra non arrestarsi e il prodotto per singola ora è bloccato dal 2000 rispetto a tutti i Paesi, non solo membri dell’UE.

Sostenibilità in ritardo - Il rapporto segnala come nel sistema produttivo italiano sussistano ancora significative difficoltà e ritardi nello sviluppo di politiche in tema di sostenibilità, adottate tra il 2018 e il 2020 solo dall’8,6% delle imprese (in misura maggiore da quelle medio-grandi). I principali interventi in media hanno infatti riguardato il miglioramento della gestione dei rifiuti (25%), l’efficienza e il risparmio energetico (14,2%) e la prevenzione/riduzione dell’inquinamento ambientale (12,4%). Il 10,2% delle imprese italiane ha, invece, introdotto innovazioni in tema di competitività (in particolare le imprese medio-grandi, 20% circa).

Oltre a questi temi, il Rapporto Inapp 2022 contiene approfondimenti sui temi della formazione, del welfare, delle politiche attive e passive e delle condizioni degli immigrati. 

Fonte: INAPP